Dell'ultima seduta del Gran Consiglio, il 25 luglio del 1943, non fu
redatto un verbale ufficiale. Non si sa, pertanto, che cosa
effettivamente dissero e come si comportarono i partecipanti. Nelle
tante memorie uscite negli anni successivi, il duce e i gerarchi hanno
dato versioni contrastanti di quel che fu detto, come fu detto e perché
fu detto. Molti sono gli interrogativi rimasti senza risposta: i
gerarchi volevano veramente estromettere Mussolini dal potere? Volevano
porre fine al regime per salvare la patria? Oppure furono dei traditori?
Se il duce considerava l'ordine del giorno Grandi «inammissibile e
vile», perché lo mise in votazione? Tutti i presenti rimasero stupiti
dalla fiacca reazione del duce alle accuse che gli vennero rivolte
durante la seduta. Era forse rassegnato a perdere? O addirittura voleva
uscire di scena, come un attore che, dopo essere stato osannato per
venti anni, alla fine era stato fischiato per aver perso la guerra?
Congiura di traditori? Audacia di patrioti? O l'eutanasia di un duce?
Documenti nuovi consentono finalmente di rispondere a queste domande, e a
Emilio Gentile di raccontare un giorno cruciale della storia d'Italia
con la suspense di un poliziesco.
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