Stando al racconto contemporaneo su Roma - propugnato tanto dai media
quanto dai residenti - la città è prossima al collasso. Ogni anno la si
ritrova qualche gradino più in basso nelle classifiche di vivibilità. Ai
problemi di tutte le grandi capitali - turismo mordi e fuggi, traffico,
scarto tra centro radical-Airbnb e periferie degradate - negli ultimi
anni Roma sembra voler aggiungere una lista di nefandezze tutta sua: una
serie di amministrazioni fallimentari, corruzione capillare, rigurgiti
fascisti non più minoritari, criminalità diffusa, mafia. Una situazione
apparentemente irredimibile che ha trovato il simbolo perfetto nel
record mondiale di autòbus pubblici che prendono fuoco da soli. Ma
questa narrazione dello sfacelo sembra contraddetta da altrettanti
segnali in direzione opposta. La prima cosa che stupisce è l'assenza
dell'emigrazione di massa che normalmente ci si aspetterebbe: la
larghissima maggioranza dei romani non si sogna nemmeno per un istante
di «tradirla», e i tanti nuovi arrivati che negli ultimi decenni l'hanno
popolata sono spesso indistinguibili dagli autoctoni nelle attitudini e
nell'amore profondo che li lega a questa «città vischiosa» che «ti si
appiccica addosso con le sue abitudini e le sue mancanze». A ben
guardare sono infinite le contraddizioni e gli opposti conciliati da
Roma, una città «incredibilmente ingannevole: sembra ciò che non è ed è
ciò che non appare». La si pensa grande e invece è immensa, la metropoli
più estesa d'Europa. I suoi confini si spingono enormemente più in là
dei capolinea della metro e ben oltre la cerchia della più grande
autostrada urbana d'Italia, il Gra, che ne racchiude solo una frazione.
Ma soprattutto, in contrasto con lo stereotipo più falso di sempre, per
quanto fondata oltre 2770 anni fa, Roma è una città profondamente
moderna, come il 92 per cento dei suoi palazzi, e tutt'altro che eterna,
se la sua crescita dal dopoguerra a oggi ha «distrutto vestigia di
migliaia di anni e sconvolto la geografia di mezza regione». E per
capirla e guarirla - o quantomeno provarci - bisognerebbe considerarla
una città normale «allo stesso titolo di Chicago o Manchester». Solo,
dannatamente più bella.
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