Anche se è stata risparmiata dal disincanto del mondo, Napoli è una
città moderna. Ambigua già dal punto di vista geologico, ha sviluppato
un‘affinità con il regno di mezzo: transgender e fantasmi, comunità
adottive come famiglie, teschi anonimi come antenati. Con il suo
reportage scientifico, Ulrich van Loyen si spinge in queste zone
liminali cercando di decifrare la matrice della città sulla base del
culto dei morti. A guidarlo non è tanto l‘alta cultura europea, per cui
Napoli rappresenta un‘inesausta fonte di estraneità, quanto piuttosto
l‘osservazione partecipante alla vita delle cosiddette persone semplici.
Nei vicoli della Sanità, nelle cripte delle “Anime del Purgatorio”, con
i camorristi che si presentano come assistenti sociali, attraverso
l‘amicizia con le veggenti che vogliono far parlare i morti e quindi
rovesciare il clientelismo politico, appare chiaro, tra le altre cose,
che la vita quotidiana rappresenta il segreto più grande, la famiglia un
mistero e la città una crisi permanente.
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