"La Palermo male" è un libro blasfemo, impubblicabile, che travalica
tutti i limiti del buon gusto e della decenza. Venti racconti dalla
scrittura sincopata e schizofrenica si svolgono nei quartieri di una
Palermo luciferina, psicopompa, infestata dalle angosce del protagonista
e dalle paranoie che adombrano la nostra epoca. Questa inconsueta
periferia dell'Occidente diventa un algoritmo dell'orrore, luogo
prediletto da cui osservare l'incedere del male nel mondo e dove alieni,
massoni, terrapiattisti e satanisti fanno da comparse. La coscienza del
narratore sembra essere hackerata dalle idee più deliranti del nostro
secolo, si abbandona senza più anticorpi nella spirale del complottismo,
si inabissa in un trip intermittente di follia e di lucidità. Il libro
stesso è posseduto da un software in perenne stato di errore, dove icone
dei videogiochi anni '80, pop-up dei più recenti social network,
difetti di codice e bug di passati sistemi operativi fanno irruzione. Un
libro che contiene un virus, ideologico e ideografico, composto come un
pezzo trap, a volte come un lungo post in rete, altre come il feedback a
un prodotto acquistato online. Quello di Profeta – nomen omen – è un
canto dall'era dell'Apocalisse digitale, l'opera di un Io indifeso, un
horror caustico che si rivela, per un'assurda inversione di significato,
una lode mistica a Dio.
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