Basta un niente: una canzone di cinquant’anni fa, un film ambientato a
metà dell’Ottocento, una battuta di oggi – eccola che arriva,
l’indignazione di giornata, passatempo mondiale, monopolizzatrice delle
conversazioni e degli umori. Ogni mattina l’essere umano contemporaneo
si sveglia e sa che, al mercato degli scandali passeggeri, troverà un
offeso fresco di giornata, una nuova angolazione filosofica del diritto
alla suscettibilità, un Robespierre della settimana. La morte del
contesto, il prepotente feticismo della fragilità, per cui «poverino» è
diventato l’unico approccio concesso, e l’epistemologia identitaria, per
cui l’appartenenza prevale su qualunque curriculum di studioso, sono
solo alcuni tra i fenomeni più evidenti e dirompenti degli ultimi anni,
con effetti pericolosi e grotteschi che in altri secoli erano
occasionale damnatio memoriae e ora sono quotidiana cancel culture. Guia
Soncini si interroga sulle origini di quest’eterno presente in cui
tutto ciò che non ci rispecchia alla perfezione sembra una violazione
della nostra identità. Ricorda le opere che avevano previsto la
dittatura del perbenismo, dal solito Orwell al romanzo di Philip Roth La
macchia umana, «la matrice di tutti i disastri d’incomprensione e
suscettibilità»; contesta il ruolo dei social come amplificatori di
dissenso e indignazione; individua alcune preoccupanti implicazioni
politiche: se a sinistra si perde la capacità di non considerare la fine
del mondo ogni parola sbagliata, che ne sarà della libertà
d’espressione? Rimarrà solo alla destra lo spazio per dire di tutto, e
non passare le giornate a sentirsi feriti da ogni maleducazione? È ora
di ricostruire come siamo arrivati fin qui. Al diritto di offenderci, al
dovere di indignarci.
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