Grazie a una lingua
lirica, affilata e precisa, Magliani costruisce una storia durissima di
formazione, che non fa sconti alla nostra storia recente e che ci racconta di
un affetto che travalica sentenze e confini spaziotemporali per restituirci
l’avventura epica per eccellenza, la ricerca delle proprie radici.
«Marino Magliani svela
il mondo attraverso la lingua. La natura, le relazioni, la luce: tutto, nei
suoi libri, sembra nuovo ed eterno allo stesso tempo.» - Fabio Geda
Prima di essere un
cacciatore e bracconiere, e agricoltore solitario con la passione dell’innesto,
Leo Vialetti è stato un bambino della Val Prino nell’Italia del boom che qui
non è mai arrivato, una Liguria di frontiera che vede il mare per sbaglio e in
cui crescere senza padre significa diventare grandi troppo presto. In un’estate
decisiva come tutte quelle che fanno da preludio all’adolescenza, l’unico
adulto che sembra volersi prendere cura di lui è uno straniero, un argentino,
Raul Porti, che gli dà ripetizioni scolastiche e gli insegna ad amare e rendere
fertile la terra, prima di sparire improvvisamente. Quando Leo deciderà di
comprare all’asta la vecchia villa di Raul Porti, ciò che scoprirà lo
costringerà a perdere un mezzo amore appena sbocciato e partire alla cieca per
l’Argentina, per capire dove e come sia finito l’uomo più importante della sua
vita, proprio nei giorni più terribili del Novecento sudamericano, quelli dei
desaparecidos. Grazie a una lingua lirica, affilata e precisa, Magliani
costruisce una storia durissima di formazione, che non fa sconti alla nostra
storia recente e che ci racconta di un affetto che travalica sentenze e confini
spaziotemporali per restituirci l’avventura epica per eccellenza, la ricerca
delle proprie radici.
“Sono nato in un ospizio
per anziani e un fatto del genere credo meriti di restare, e comunque sia è una
cosa con la quale devi fare i conti. Me ne sono andato di casa che avevo otto
anni, prima in un collegio, poi in un altro, e nel frattempo, durante le
vacanze, in qualche colonia estiva, e poi ancora in collegio. Anche queste sono
cose con le quali devi fare i conti. In qualche modo, da quei collegi non sono
mai più andato via. Al di là di questo, da quando a diciassette anni ho
abbandonato gli studi e l’Italia, ho fatto il manovale, il bracciante, il mozzo
sui traghetti, il cameriere, il lavapiatti, il traduttore in italiano dei menù
di qualche centinaio di ristoranti sparsi tra coste spagnole e isole. Poi mi
sono stabilito sulle coste olandesi e ho fatto per qualche anno lo scaricatore
al porto di IJmuiden e scritto parecchi romanzi e raccolte di racconti. Un
giorno mi sono ricordato che ero stato traduttore di menù, e ho pensato che
avrei potuto tradurre storie dallo spagnolo e dall’olandese.” - Marino Magliani
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