Il furore CreAttivo e
sperimentale di Mauro Rea, non smette di stupire e di regalarci nuove sorprese
e rivelAzioni, e questa raccolta di piccoli capolavori (perlopiù polimaterici
su legno di circa 20x 40), vere e proprie “Icone POP” finalmente in mostra, ne
sono la testimonianza. In realtà si tratta di sedimentazioni e accumulazioni
carsiche che nel tempo Rea ha sapientemente elaborato e accumulato come un
alfabeto iconico raccolto dalla strada(lattine di Coca Cola schiacciate e
sapientemente e Duchampianamente decontestualizzate), per diventare matrice e
logos di una rinascita materica ed estetica. Chiariamo subito che l’utilizzo
del banale quotidiano che opera Rea non è da ricondurre alla serialità
filosofica e concettuale dei Brillo Box di Warhol, semmai allo stordimento
esistenziale di Baquiat e alle contaminazioni ludiche di Haring. Mauro Rea:
Icone Pop. E qui si evidenzia con forza e leggerezza, turbamento e grazia
poetica, questo precoce maestro neo-futurista, neodada, neo-pop e patafisico
che è Mauro Rea, con tutta la forza eversiva e sovversiva, lavica e
incantatoria di un outsider che sceglie di rimanere libero e non inglobato dal
sistema dell’Arte, come un ragazzo pasoliniano che ha attraversato tutti gli
alfabeti dell’avanguardia, ma che rimane incantato dalla forza lavica della
materia di Burri(plastiche bruciate), Mastroianni(cartoni polimaterici),
Raushenberg(Assemblage oggettuale), Spoerri(etnosincretismi), Baj(eresia ludica
e patafisica dei generali). (dalla intro di Donato Di Poce)
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