E la “Divina” imbocca
il suo mirabile filato discendente, a spezzatura dell’acme, con il
caratteristico suo singulto alle note d’appoggio, i tendini della fronte
vibranti, gli zigomi in rilievo, il lucore liquido nei grandi occhi, la
“maschera” da dea che di quel canto fa il suo ritorno all’oltranza…Medea di
sempre. Contrariamente alle opere descritte da Benjamin nel celebre saggio,
l’opera lirica non è riproducibile. Muta ogni volta ed ogni volta è unica.
Renato Tomasino racconta per la prima volta in un unico volume inedito le
biografie delle più importanti performer della storia. Questo libro è dunque
dedicato alle cantanti, soprattutto soprano che hanno unito tre aspetti:
bravura, bellezza e capacità tecnica impeccabile, fino ad una sorta di apoteosi.
Da quella Vittoria Archilei che diede origine al fenomeno nel divismo
femminile, fino a Anna “The Great” Netrebko, che ha vinto nel 2017
l’international opera award come miglior cantante femminile, le appassionanti
biografie delle star del melodramma tra sacrifici, gossip e rivalità. L’occasione
era il matrimonio tra Cristina di Lorena con il granduca Ferdinando de Medici,
la location la meravigliosa sala degli Uffizi, in quel 2 Maggio 1589 nel
cantare un intermezzo sul “Potere della musica” Vittoria Archilei ascese per la
prima volta al rango di “divina monodista”. Le cantanti “da Corte e da camera”
dovevano a quei tempi battersi con l’abitudine di usare castrati en travesti
per impersonare i ruoli femminili, usanza pervicace e forse del tutto
abbandonata solo dopo la riforma gluckiana. Nel Settecento i ruoli
virtuosistici vengono così assunti totalmente dalle divine del belcanto che
divengono anche muse dei compositori. Sarà la musa di Händel, Francesca
Cuzzoni, a scatenare una delle prime rivalità femminili che dividevano i
loggioni in vere e proprie fazioni. Il 6
giugno 1727, durante l’ultima replica dell’Astianatte di Giovan Battista
Bononcini, la “Parmigianina” (Cuzzoni) e la divina Faustina Bordoni presero a
tirarsi i capelli, distruggendo le costose acconciature e azzuffandosi come
gatte… Davvero una performance memorabile. E se Mozart da giovanissimo venne
folgorato dalle note sovracute di Lucrezia Agujari “la Bastardella” tanto da
riportarle su pentagramma per raccontarle alla sorella Nannerl, sarà Rossini,
nell’Ottocento a forgiare e definire le divine del canto lirico, arruolandole
poi al Théâtre italien. Henriette-Clementine Meric-Lalande, Giuditta Pasta,
Adelaide Borghi-Mamo, Olimpia Pelissier: se i nomi delle “rossiniane” ci dicono
poco, nel Novecento lo divine diverranno icone di fama globale.
Basti pensare alla
stella più vivida: Maria Callas. “Divina dai tre registri”, colei che “aveva il
dramma nella voce”, la prima “soprano drammatico di agilità” viene qui indagata
in tutte le tappe della sua carriera. Maria Callas duellò con Renata Tebaldi,
venne ammirata da Leonard Bernstein, fece innamorare Onassis e incarnò l’ideale
Medea di Pasolini. Una vita artistica incredibile, che Tomasino analizza
andando oltre i gossip. Il rapporto con Pier Paolo Pasolini, per esempio, fu,
contro ogni previsione, causa di una rinascita intellettuale per Maria e anche
il regista si “innamorò” di lei fino a dedicarle dei versi tra i più belli mai
scritti. Una delle divine più recenti, Anna Nebtrebko, venne notata, come in
una fiaba, poco meno che ventenne mentre puliva il pavimento del teatro
Marinskij dal Maestro Gergiev. Grazie alla sua voce sublime e alla presenza
scenica in pochi anni è diventata “Anna La Grande” naturalizzata Viennese e
contesa in tutti i teatri del mondo. Il divismo della Netrebko è arrivato al
punto di richiamare l’attenzione del regista e coreografo Vincent Paterson (già
regista di Mickael Jackson, Madonna e Björk) che nel 2003 ha voluto
immortalarla nel video, strutturato sulla falsariga dei video pop, Anna
Netrebko – The Woman. The Voice. Forse oggi le divine sono state eclissate
dalle attrici, ma la storia della soprano “venuta dal freddo” dimostra come una
Norma o una Regina della notte possano essere addirittura più indimenticabili
dei personaggi di film hollywoodiani. Dopotutto, tra 200 anni, chi interpreterà
più questi ruoli? Le interessanti storie delle divine qui raccontate, vanno
lette anche nell’ottica del lascito della cultura italiana nell’ambito della
lirica. Un primato secolare che stiamo forse perdendo, ma che di sicuro è bene
conoscere e ricordare.
Renato Tomasino
ordinario di Teatro presso l’Università di Palermo, direttore e fondatore del
nuovo DAMS, Presidente e Fondatore del Laboratorio Universitario Multimediale e
dell’annesso Archivio dello Spettacolo grazie a finanziamenti europei, è stato
programmista RAI, regista filmico, critico teatrale del Giornale di Sicilia,
critico cinematografico e condirettore delle riviste Filmcritica, Fiction, The
Rope; redattore de L’Astrolabio, Prova Radicale, l’Acquario; collaboratore di
Sipario, Rinascita, Nuove Effemeridi e dei quotidiani L’Ora, il Mediterraneo,
l’Avanti. Già Membro del Consiglio del Teatro Biondo- Stabile di Palermo,
consulente culturale del Teatro Nazionale Argentina di Roma ha pubblicato
decine di monografie e la grande Storia del Teatro e dello Spettacolo (Palumbo
2001).
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