Con "Italia low cost"
(Aliberti), scritto a quattro mani con Rossana Lacava, Filippo Astone sembrava
si fosse dato una bella calmata; perché con quell'utile saggio-manuale forniva
informazioni appunto, buone e buonissime tra l'altro, a consumatrici e
consumatori. In quanto con i precedenti titoli dati alle stampe tutti presso
Longanesi: "Gli affari di famiglia" e "Il partito dei padroni",
il giornalista economico Astone aveva invece illustrato perfertamente il quadro
italiota dell'affarismo dilagante, dove sono piccoli gruppi di potere che
gestiscono e spesso malamente l'Italietta così come hanno contribuito a farla,
come, poi, ridipinto la stirpe dei padroni del vapore che il loro capitale
l'han ereditato, invece che costruito, e coltivato molto male. Libri, questi
due, che di certo piacere non han fatto
a una bella quantità di italici ricci. Ma adesso, con "La disfatta del
Nord", con il quale davvero Astone racconta corruzione, clientelismo e
malagestione del Settentrione, abbiamo il colpo definitivo. Siamo, potremmo
dire, alla chiusura d'una vera e propria trilogia sul disastro italiano e al
terzo e conclusivo, forse, atto della narrazione del fallimento etico, prima
che civile, della classe dirigente dell'ex Belpaese. Qui Filippo Astone, con la
solita penna brillante e non solamente pungente quanto, almeno, intransigente,
che ci tiene in attenzione grazie all'inchiostro della scorrevolezza e diversi
espedienti da professionista del mestiere, decide di spiegarci quella che, e
forse solamente in questi passaggio e scelta un po' ce ne doliamo, chiama la
"meridionalizzazione" del Nord. Raccontando nei minimi dettagli i nodi
di quei lacciuoli di ferro fieri di
tener in simbiosi necessaria, obbligata e, per loro, redditizia, una certa
politica con una certa imprenditorialità. Le macro-aree del ragionamento, i
luoghi visitati sono il partito Formigoni-Cl-Compagnia delle Opere e la meno potente
- ma sicuramente brava a smentire con le azioni i propri pubblicizzati fini di
rinascita dei territorio rappresentati - Lega Nord. In apertura del libro il
giornalista parte con una curiosità che ai più era sfuggita e tanti avevano
nascosto, ovvero che Bossi, prima di presentarsi e proporsi col suo clan quale
nuovo volto, aveva avuto problemi giudiziari derivanti da situazioni proprio
della 'vecchia politica'. Ma la Lega con Berlusconi e i loro accoliti portavano
la maschera, chiaramente, del politicamente nuovo e santo. Insieme alla forza e
alla volontà. Con l'intento sbandierato di "risolvere la questione
settentrionale e con essa tutti i mali del Paese". Allora: "il nuovo
potere nordista proclamava di voler cancellare decenni di centralismo, inefficienza
e corruzione partitocratica". Epperò, a strada percorsa, non hanno che,
solamente, peggiorato la situazione. Complessiva, d'altronde. Portando in
pratica anche a Nord quintali di clientelismo, nepotismo e affarismo (illegale
perfino). Fra favori personali e finanziamenti agli amici e agli amici degli
amici, e chiaramente parliamo di fianziamenti pubblici. Astone, ragionando su
passato e presente dei personaggi e ridandoci le loro storie, oltre che le
inchieste nei quali sono stati e sono coinvolti, analizza tutti gli errori e,
per molti, la furberia, di personaggi che si chiamano Formigoni, Maroni, Tosi,
Ponsellini eccetera eccetera. Ma senza risparmiare una schiera di figure
apparentemente minori, certo. Gente sempre al potere o sempre a gestire il potere,
magari fintamente dietro le quinte. Filippo Astone da la genesi e la rapace
voracità e voluttuosa voglia di soldi e dominio, per esempio, di quella
Comunione e Liberazione osannata da tanta destra, oltre ovviamente dai seguaci
e affiliati, e da parte della sinistra - e non solamente al centrosinistra
legato con le cooperative "rosse". Con rammarico, forse, Astone
relamente con "La disfatta del Nord" sfata il mito dell'efficienza
settentrionale. Facendoci capire come quando e perché tutti i mali e le fortune
(per pochi) accaduti nel Nord dell'Italia hanno condotto l'intero Paese
sull'ordo del precipizio.
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