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mercoledì 2 ottobre 2013

Estate crudele, di Alessandro Bertante (Rizzoli). Intervento di Nunzio Festa



Mastica solitudine, il protagonista del nuovo romanzo firmato da Alessandro Bertante, "Estate crudele", ma in fondo non cerca che l'amore. Il suo nome è Alessio Slaviero, anche se questo non vale nulla, perché nessuno nel quartiere di Milano dove vive nessuno chiama questo strano spacciatore col suo nome (nemmeno i suoi scagnozzi quasi negri) - alla fine scopriremo insomma che non l'additano che con "l'uomo nero" - , e lui ringrazia guardando le altre e gli altri e il suo contorno esistenziale con un giudizio definitivo: sono morti. Siamo nella Milano che va tra viale Monza, via Padova e la ferrovia. In pezzi di territorio contesto e spartito tra clan, in un punto del quale vive almeno l'amico Manuel, travestito brasiliano, "la pena del mio cuore", che lo fa impazzire e disperare più di tutto e tutti. Almeno fino a quando avverà l'Incontro. Si veste e s'immagina come l'ultimo dei forti, Alessio. Già promettente studente prima e ricercatore poi, spacciatore occasione prima e di professione poi, quando avrà sperimentato le delusioni della vita, dalla morte della sua ragazza alle false promesse del suo professore universitario, vive in uno stato di sbandamento così forte da fregarsene del mondo intero. Mentre il caldo torrido dell'estate del 2003 lo colpisce al ventre. Sorretto però dallo stile cadenzato in tenaci scorribande nell'evocativo. "Io sono solo, sconfitto, imprigionato e ingannato tutti i giorni di questa estate rovente”, quindi si dice. E l'incipit non è che l'inizio di questa nuova resa alle visione. Dove siamo nel passo successivo dell'ambientazione, per certi versi, del precedente "Nina dei lupi". Insomma Bertante è convinto di non poter narrare che il post. Ogni segmento e momento di quel che accade, o è accaduto, oltre la fine del mondo. Più in là della sconfitta della società. Raccontando come se si trovasse sotto le macerie dei valori. Tanto che l'ambientazione d'Estate crudele riporta alla mente quella periferia proletaria e orgoliosa adesso scomparsa del milanese e d'altre periferie degli imperi. Se quindi Alessio è il fantoccio che rappresenta tutta la generazione dei morti viventi, l'uomo disperato che è in lui vede ancora in fondo al pozzo. E viaggia, seppur quasi inconsapevolemente ma volendolo forte, verso una metà. In questo caso un'altra donna. A rappresentare, più che tutte le donne immaginate, semplicemente il riscatto dalla sconfitta già segnata nell'intimo. Mentre l'apocalisse non può che incalzare. E quando ancora qualcosa è comunque possibile.

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