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lunedì 22 ottobre 2012

Chi comanda Torino di Maurizio Pagliassotti (Castelvecchi). Intervento di Nunzio Festa



Un popolo intero attende la bara. Ma non è il feretro di Berlinguer, come cantavano invece i Modena City Rembels. La 'gente' oggi piange e applaude il potere. Almeno a Torino; ma non solamente a Torino. Epperò Torino, a legger il graffiante "Chi comanda Torino" di Maurizio Pagliassotti, oramai la città delle donne e degli uomini, nella sua stragrande maggioranza (perché sappiamo invece del dissenso dell'Askatasuna, del resto dei NoTav e del Gabrio che si difende oggi proprio dallo sgombero del potente - vedremo perché - Fassino) non ha nessuna voglia di criticare il potere che l'ha assopita, anestetizzata, sfregiata da debiti e prepotenze; innanzitutto perché non conosce i volti dei suoi dominanti. Quindi è compito del giornalista Pagliasotti entrare nei meandri del potere, come si dice. A far calare, come si dice, le maschere. Dalle quali appaiono i volti d'una lunga serie d'ex comunisti del Pci, dirigenti sindacali di decenni fa o solo di qualche anno fa, banchieri, palazzinari, tecnichi in nome Fornero ecc., la famiglia Fiat e tutto il suo contado. Un po' di nomi, vedi quello dell'ex sindaco Chiamparino su tutti, che normalmente è battuto dagli asserviti e assoggettati mass media. Insieme ad altri che raramente vengono fuori dall'ombra. Da quel grigio adesso, ragiona il giornalista, stordito dalle luci dei negozi del centro e dalle forti illuminazioni che le amministrazioni comunali hanno inventato: a far dimenticare della recessione che crese. Dei problemi. Maurizio Pagliassotti, davvero, spiega chi sono, da quanto tempo e con che forze i regnanti di Torino. Leggendo, per dire, il già citato Chiamparino e il collega d'ideologia riformista Piero Fassino. Andando nelle cariche della Compegna Intesa San Paolo. Nei zone di Ghigo e di Valentino Castellani. Da canchieri e costruttori, soprattutto. Nel bel mezzo della dismissione dell'industria. Nel cammino dello smantellamento di capannoni e diritti garantito dalla Fiat: che ha continuato a succhiare soldi, anche, dalla Regione Piemonte. Nonostante il sogno dei dominanti, da oltre vent'anni, è di sostituire il lavoro con il consumo. La produzione con il commercio. Seppur turismo e cultura non funzioni proprio. E nonostante i tanti soldi spesi. I debiti fatti dal Comune. Tipo quelli nati grazie alla grande idea delle Olimpiadi Invernali del 2006; dove appunto han vinto le banche e le imprese di costruzioni, che poi spingono e giostrano i loro referenti politici. Con la supremazia delle cooperative rosse, che però viaggiano nella spartizione con quelle bianche. Spesso a discapito dell'interesse generale. Manovratori con manovratori sono analizzati nel libro di Pagliassotti. Il culto e il pragmatismo della nuova ideologia riformista che deve puntare all'urbanistica saldata col cemento. Durante lo svuotamento delle coscienze.

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