Qual è la relazione tra “mostruosità” e “normalità” nel
secolo di Kafka e della genetica e qual era ai tempi dei bestiari fantastici?
Quali i confini tra umano e inumano o tra fisico e mentale nell’era della
psicoanalisi e in quella della teologia? Un’indagine erudita e brillante che
esamina la posizione e il peso avuti dal mostro – inteso sia come individuo
nato deforme, sia come esemplare di una “razza diversa” – nel pensiero
occidentale. Dalle questioni di ermeneutica biblica alla svolta cartesiana, gli
uomini – dice Gil – hanno avuto bisogno dei mostri per diventare umani.
Controversa costruzione di un’identità, testimoniata anche dai racconti di
viaggiatori reali e immaginari che, dai confini della Terra, descrivevano
uomini con un solo piede, Grifi, Antipodi, o magari gli Indios del Brasile,
sulla cui umanità o bestialità ancora ci si interrogava. A dimostrazione, forse,
che ogni teratologia, come ogni teologia, è un’antropologia, un’incessante
ricerca dell’“Altro”.
José Gil è docente di filosofia presso la Universidade Nova
di Lisbona. Autore di numerosi saggi sui rapporti cultura-potere-corpo, ha
esteso il suo ambito di ricerca allo spettacolo (in particolare alla danza),
fino a toccare le dinamiche testuali in poesia (soprattutto in Fernando Pessoa)
e le strategie discorsive dei regimi dittatoriali (specie del Portogallo di
Salazar). Tra i suoi titoli: Metamorfosi del corpo (Lisbona 1981),
Un’Antropologia delle forze (Einaudi, Torino 1983), Differenza e negazione
nella poesia di Fernando Pessoa (Lisbona 1999).
Nessun commento:
Posta un commento