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domenica 30 settembre 2012

Dimmi che c’entra l’uovo di FABIO NAPOLI (Del Vecchio Editore). Intervento di Alessandra Peluso



Anch’io son curiosa di sapere come fa ad uscire l’uovo dal frigo. Che c’entra quest’uovo? Sarà forse un paradosso burlesco per evidenziare agli occhi del lettore quant’è machiavellica la nostra società? Dove tutto conta e niente è indispensabile alla vita? “Dimmi che c’entra l’uovo” è il titolo bizzarro del romanzo scritto magistralmente da Fabio Napoli. Letto tutto in un fiato, vogliosa di giungere alla conclusione del romanzo, sperando in un lieto fine come nei film o nelle favole, speranza vana. In realtà, si tratta di uno specchio riflesso dell’esistenza individuale e sociale precaria. È l’essenza della vita odierna, della ricerca disperata di un lavoro per guadagnarsi da vivere o sopravvivere come accade a Roberto Milano, protagonista della storia con altri giovani coetanei nella realtà romana. Una metropoli che se da un lato può offrire opportunità, dall’altro disorienta, spersonalizza l’individuo e lo mercifica, descrizione che riporta alla memoria la quantomai attuale opera “La Filosofia del denaro” di Georg Simmel. Fabio Napoli romanza la vita odierna e lo fa con una semplicità strabiliante regalando scene di un film come se il lettore dovesse farne parte, e purtroppo forse qualcuno dei lettori si sentirà davvero un soggetto coinvolto. Il protagonista Roberto Milano, precario, giovane laureato svolge tanti lavori per guadagnarsi da vivere come comparsa in film porno, insegnante privato, pizza express, tutti rigorosamente  precari; licenziato puntualmente, ripone l’ultima speranza in un colloquio per lavorare in un fast-food e pagarsi almeno l’affitto. Qui incontra una ragazza Marianna, spigliata, affabile, e si lega sia affettivamente che “professionalmente”. Insieme infatti intendono organizzare una banda per rapine, la cosiddetta “Banda dei precari”. A quanto pare unico modo, unica via d’uscita per avere soldi in tempo breve e senza sacrifici. I ragazzi,  tuttavia, non hanno fatto i conti con il destino, il sacrificio infatti c’è ed è grande. È questo cambierà le sorti ai giovani precari, vivendo nel timore di essere scoperti e presi dalla polizia. “La banda dei precari” potrebbe anche essere il titolo del libro così come il titolo della vita di ognuno di noi attualmente precario. L’esistenza è precaria, gli affetti, il lavoro: tutto diventa parte di un bisogno. Lavorare per guadagnare e soddisfare dei bisogni. Non esiste un posto fisso, appare un miraggio, anzi un mito degli anni ’80. Ogni cosa è abitualmente precaria e come emerge dal romanzo la possibile soluzione per guadagnarsi un “pezzo di pane” sembra rubare o compiere azioni che non riguardano certamente un lavoro dignitoso.  Potrebbe essere una provocazione quella dell’autore oppure no. Tuttavia spesso è realtà. Recita l’art. 4 della Costituzione italiana: «La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società». Non è fantascienza, non è realtà: è raccapricciante pensare che l’articolo appena citato non rispecchi la società contemporanea dove il diritto al lavoro è una mera chimera, non un diritto di tutti. È sufficiente ascoltare i TG o leggere i quotidiani per capire la misera condizione della maggior parte della gente. Aumenta la sfiducia in sé stessi e negli altri, la paura, la sofferenza o peggio la non accettazione della precarietà in una non vita rappresentata dal suicidio. a con questo “Dimmi che c’entra l’uovo”? Qui Napoli s’ingegna a creare un episodio al limite del reale, è una domanda di un test attitudinale in un colloquio di lavoro al quale Roberto prende parte per poter lavorare, se superata la prova, in un fast-food. Insomma un pò come i test che dobbiamo affrontare oggi per qualsiasi concorso dove un quesito logico rimmarrà irrisolto per l’intera esistenza in quanto incompreso o incomprensibile.  Inoltre, il romanzo è animato da un forte spirito di solidarietà e di coraggio. Vuole rincuorare il lettore comunicando che nonostante tutto occorre reagire purchè si possa giungere ad un cambiamento, ad un miglioramento per una società equa ed uno Stato che garantisca un lavoro dignitoso a chi ha voglia di lavorare e soprattutto a chi merita. E la meritocrazia non sia soltanto un appannaggio usato dai potenti e dai ricchi per illudere e ingannare i poveri.  A proposito della crisi, della precarietà: temi affrontati nel romanzo di Fabio Napoli, cito una riflessione di Einstein su “Il mondo come lo vorrei” (1931): «La crisi è la miglior cosa che possa accadere a persone e interi paesi perché è proprio la crisi a portare il progresso. La creatività nasce dall’ansia, come il giorno nasce dalla notte oscura. È nella crisi che nasce l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera se stesso senza essere superato (...). L’unica crisi minacciosa è la tragedia di non voler lottare per superarla». Vuole essere un augurio, una speranza.

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