Anch’io son curiosa di sapere
come fa ad uscire l’uovo dal frigo. Che c’entra quest’uovo? Sarà forse un
paradosso burlesco per evidenziare agli occhi del lettore quant’è machiavellica
la nostra società? Dove tutto conta e niente è indispensabile alla vita? “Dimmi
che c’entra l’uovo” è il titolo bizzarro del romanzo scritto magistralmente da
Fabio Napoli. Letto tutto in un fiato, vogliosa di giungere alla conclusione del
romanzo, sperando in un lieto fine come nei film o nelle favole, speranza vana.
In realtà, si tratta di uno specchio riflesso dell’esistenza individuale e
sociale precaria. È l’essenza della vita odierna, della ricerca disperata di un
lavoro per guadagnarsi da vivere o sopravvivere come accade a Roberto Milano,
protagonista della storia con altri giovani coetanei nella realtà romana. Una
metropoli che se da un lato può offrire opportunità, dall’altro disorienta,
spersonalizza l’individuo e lo mercifica, descrizione che riporta alla memoria
la quantomai attuale opera “La
Filosofia del denaro” di Georg Simmel. Fabio Napoli romanza
la vita odierna e lo fa con una semplicità strabiliante regalando scene di un
film come se il lettore dovesse farne parte, e purtroppo forse qualcuno dei
lettori si sentirà davvero un soggetto coinvolto. Il protagonista Roberto
Milano, precario, giovane laureato svolge tanti lavori per guadagnarsi da
vivere come comparsa in film porno, insegnante privato, pizza express, tutti
rigorosamente precari; licenziato
puntualmente, ripone l’ultima speranza in un colloquio per lavorare in un
fast-food e pagarsi almeno l’affitto. Qui incontra una ragazza Marianna,
spigliata, affabile, e si lega sia affettivamente che “professionalmente”.
Insieme infatti intendono organizzare una banda per rapine, la cosiddetta
“Banda dei precari”. A quanto pare unico modo, unica via d’uscita per avere
soldi in tempo breve e senza sacrifici. I ragazzi, tuttavia, non hanno fatto i conti con il
destino, il sacrificio infatti c’è ed è grande. È questo cambierà le sorti ai
giovani precari, vivendo nel timore di essere scoperti e presi dalla polizia.
“La banda dei precari” potrebbe anche essere il titolo del libro così come il
titolo della vita di ognuno di noi attualmente precario. L’esistenza è
precaria, gli affetti, il lavoro: tutto diventa parte di un bisogno. Lavorare
per guadagnare e soddisfare dei bisogni. Non esiste un posto fisso, appare un
miraggio, anzi un mito degli anni ’80. Ogni cosa è abitualmente precaria e come
emerge dal romanzo la possibile soluzione per guadagnarsi un “pezzo di pane”
sembra rubare o compiere azioni che non riguardano certamente un lavoro
dignitoso. Potrebbe essere una
provocazione quella dell’autore oppure no. Tuttavia spesso è realtà. Recita
l’art. 4 della Costituzione italiana: «La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il
diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo
diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie
possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al
progresso materiale o spirituale della società». Non è fantascienza, non è
realtà: è raccapricciante pensare che l’articolo appena citato non rispecchi la
società contemporanea dove il diritto al lavoro è una mera chimera, non un
diritto di tutti. È sufficiente ascoltare i TG o leggere i quotidiani per
capire la misera condizione della maggior parte della gente. Aumenta la
sfiducia in sé stessi e negli altri, la paura, la sofferenza o peggio la non accettazione
della precarietà in una non vita rappresentata dal suicidio. a con questo
“Dimmi che c’entra l’uovo”? Qui Napoli s’ingegna a creare un episodio al limite
del reale, è una domanda di un test attitudinale in un colloquio di lavoro al
quale Roberto prende parte per poter lavorare, se superata la prova, in un
fast-food. Insomma un pò come i test che dobbiamo affrontare oggi per qualsiasi
concorso dove un quesito logico rimmarrà irrisolto per l’intera esistenza in
quanto incompreso o incomprensibile. Inoltre, il romanzo è animato da un forte
spirito di solidarietà e di coraggio. Vuole rincuorare il lettore comunicando
che nonostante tutto occorre reagire purchè si possa giungere ad un
cambiamento, ad un miglioramento per una società equa ed uno Stato che
garantisca un lavoro dignitoso a chi ha voglia di lavorare e soprattutto a chi
merita. E la meritocrazia non sia soltanto un appannaggio usato dai potenti e
dai ricchi per illudere e ingannare i poveri.
A proposito della crisi, della precarietà: temi affrontati nel romanzo
di Fabio Napoli, cito una riflessione di Einstein su “Il mondo come lo vorrei”
(1931): «La crisi è la miglior cosa che possa accadere a persone e interi paesi
perché è proprio la crisi a portare il progresso. La creatività nasce dall’ansia,
come il giorno nasce dalla notte oscura. È nella crisi che nasce l’inventiva,
le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera se stesso senza
essere superato (...). L’unica crisi minacciosa è la tragedia di non voler
lottare per superarla». Vuole essere un augurio, una speranza.
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