L’esperienza della guerra è
quanto di più aberrante e atroce l’umanità abbia mai potuto concepire e
sperimentare. Ciò che dovrebbe far riflettere è che da millenni l’uomo combatte
se stesso e, addirittura, il numero dei conflitti nel mondo è sempre maggiore.
Un’esperienza omicida, una sospensione delle qualità che differenziano gli
uomini dagli animali: questa è la guerra. Soprattutto, è un carico di odio
profondo e di bestialità che spesso si radicano nell’animo di chi è costretto a
vivere in situazioni belliche. Uccidere e odiare per salvarsi, non avremmo
potuto fare di peggio.
Nicolai Lilin racconta nel suo
terzo romanzo dal titolo “Il respiro del buio” il problema dei veterani,
tornare a casa e ricominciare una vita normale come se fosse possibile buttarsi
tutto alle spalle con facilità. Più specificamente, l’autore affronta il
problema del reinserimento nella controversa società russa, alle prese con
un’oligarchia potente e criminale e una polizia corrotta che si sostituisce
alla criminalità organizzata.
Di ritorno dal servizio militare
in Cecenia, Nicolai, il protagonista del libro, non riesce più a ricominciare a
vivere: soffre di disturbi post traumatici da stress, tipici dei veterani di
guerra, perde coscienza e si ritrova a comportarsi come se fosse ancora un
soldato. Congedatosi per sua scelta dall’esercito, si accorge di come lo Stato
abbandoni chi ha difeso la bandiera e, addirittura, neghi l’esperienza militare
di Nicolai.
Soprattutto, Nicolai odia. Il
prossimo, i parenti, gli amici, gli sconosciuti: è l’odio profondo che pervade
l’animo del giovane reduce e che lo tormenta. Un giorno, uscito con
l’inseparabile pistola, una voglia forte di uccidere un bambino con sua madre a
lui estranei rischia di diventare realtà. Questo episodio scuote il
protagonista che, attraverso un viaggio in Siberia alla ricerca delle proprie
radici, prova a ritrovare se stesso.
Se la via della guarigione
individuale è lunga, ancor più difficile sarà il reinserimento in società. Così
il giovane russo si troverà a vivere una realtà parallela alla vita di tutti i
giorni, dove gli scenari sono più simili a quelli della guerra. Un mondo
corrotto e violento che può redimersi solo con l’amore. Ma, a volte, per amore
bisogna anche saper dire addio.
Il protagonista del libro si
chiama come l’autore: questo dovrebbe indicarne un certo grado autobiografico
nel racconto. Ciò ha portato, come nei precedenti lavori di Lilin, a delle
polemiche sulla veridicità o meno di tali storie. Vere o verosimili poco
importa, ciò che conta è la capacità dello scrittore di rendere percepibile
l’orrore che un conflitto genera nell’animo di un uomo. E in questo, Lilin è
bravissimo.
Il respiro del buio di Nicolai
Lilin
Einaudi, 306 pag, 20€
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