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martedì 21 febbraio 2012

Quiet: The Power of Introverts in a World That Can't Stop Talking by Susan Cain (Crown). Intervento di Mariangela Notaro


Passionalmente argomentato, ricercato in un modo che inebria e colmo di storie memorabili di gente comune, “Quiet”  mette in vetrina la misura in cui gravemente sminuiamo gli introversi, e quanto di quel “Noi” di cui restiamo privi nel comportarci così. Prendendo in analisi un lettore durante il viaggio dal luogo natio di Dale Carnegie fino alla Harvard Business School, un seminario di Tony Robbins in una mega chiesa evangelica, Susan Cain disegna l’ascesa dell’ “Ideale di Estroversione” lungo il dodicesimo secolo ed  esplora i suoi effetti nel tempo. La scrittrice parla agli studenti asiatico- americani che si sentono alienati dall’atmosfera esuberante e beffeggiatrice  delle scuole Americane. Ella si interroga sui valori regnanti nella cultura Americana collettiva, dove la collaborazione forzata può battere persino il sentiero per l’innovazione e dove il potenziale degli introversi viene spesso guardato dall’alto verso il basso. E la scrittrice attinge dalle ricerche d’avanguardia in ambito psicologico e neuro scientifico per giungere a palesare le differenze sorprendenti tra il mondo degli estroversi e quello degli introversi.
Forse molto più stimolata nel dare degli esempi, la Cain ci presenta alcuni introversi di successo: da un brillante oratore al cospetto di un pubblico accalorato che però rifocilla la propria fame di solitudine dopo i discorsi, ad un imprenditore “divoratore” di record che sommessamente attinge dal potere delle domande. Infine, la Cain regala preziosi consigli su ogni cosa, da come condurre meglio la macchina delle differenze nelle relazioni tra introversi ed estroversi,  a come tonificare l’Io di un bambino introverso sino a renderlo consapevole di essere un “estroverso che fa finta di essere introverso”.
Questo libro straordinario possiede il potere di trasformare fermamente  il cieco sguardo con cui puntiamo  gli introversi  e alla stessa stregua quello pullulante di ombre con cui questi ultimi scrutano se stessi. “‘Ché a tener lo sguardo chiuso si uccidono bellezze…”

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