“Pietro Loffredo nasce a Napoli,
dove vive e lavora. Inizia la sua attività espositiva nel 1982, dopo una
tradizionale formazione presso l'istituto d'arte. Inizialmente sperimenta
tecniche diversificate, privilegiando la pittura su tessuto e la creazione di
arazzi. Già in questi anni si segnalano alcune significative partecipazioni ad
eventi espositivi di un certo rilievo. Nel 1999, anno in cui, dopo alcune
esperienze nel campo del restauro, apre un atelier a Venezia, la sua ricerca
visiva si indirizza verso un linguaggio nuovo e sperimentale. Qui, nella città
lagunare, matura la svolta nella direzione di una maggiore puntualizzazione sia
nelle tecniche adoperate che nelle tematiche.
In questi anni si definisce la
sua ricerca pittorica anche in funzione della individuazione di una peculiare
cifra stilistica, che ritrova nella scelta di soggetti privilegiati (angeli
neri, cornetti) il proprio concreto repertorio figurativo. Da questo momento in
poi inizia a lavorare su tavola, materiale, questo, che diventa il supporto
privilegiato – anche se certamente non unico – delle sue opere. Gli “angeli”,
desunti dal repertorio visivo popolare, subiscono un processo di desacralizzazione
(si guardi la loro sfrontata connotazione sessuale per nulla angelica) e di
progressiva umanizzazione, caricandosi di un forte pathos espressivo.
Soprattutto l'artista predilige
per la loro pelle il colore nero, quasi fossero creature terrestri innalzate,
attraverso un processo catartico, reso ancora più manifesto dal gesto materico
della pennellata impastata di strati massicci di colore, nel territorio
dell'arte. Strappati al loro destino di creature emarginate, portatrici di un
dolore cosmico, si ergono a messaggeri di una sorta di rivincita sulla storia,
come a dire che quanto non hanno avuto dalla vita sarà loro restituito
dall'arte. In questo senso gli ‘angeli neri' sembrano presagire un destino di
rivincita sul tempo, portando sui loro volti le tracce di una sofferenza che
abbraccia l'umanità intera: il gesto dell'artista che li ha evocati diventa
così lo specchio di un'età disumanizzata, che annienta e tende a marginalizzare
chi non si uniforma, chi non cede ai meccanismi spersonalizzanti delle convenzioni,
chi non vende la sua anima al mercato e rivendica la propria diversità, anche
attraverso uno sguardo disperato. Sono appunto queste creature del cielo
l'emblema della rinascita, la metafora dilagante di un'arte che riscatta,
l'annuncio amplificato di una nemesi senza scampo. Riguardo ai suoi celebri e
ormai riconoscibili “cornetti”, va detto come l'artista sia riuscito,
attraverso la sublimazione estetica, a conferire per primo una dignità
artistica ad un oggetto apparentemente banale, anche se carico di valenze
antropologiche e apotropaiche, che ne fanno un amuleto portafortuna nella
tradizione popolare ad esso collegata. L'oggetto, tolto dal circuito
linguistico e folclorico che storicamente gli pertiene, acquista così un valore
di feticcio visivo, di forte segno iconico, e assume una vita totalmente nuova,
quasi fosse ricreato dal nulla, attraverso la pittura. Il cornetto diventa una
specie di cifra espressiva, un logo riconoscibile dell'artista che ne
sperimenta tutte le potenzialità visive: ora dipinto, ora concretamente
aggettante dall'opera, ora a tutto tondo, esso celebra festosamente la vittoria
del sorriso sul dramma. Così le due anime dell'artista si congiungono e
mostrano lati e dimensioni contrapposte, ma complementari. In fondo si può dire
che queste icone, che non hanno parenti riconoscibili nella tradizione
artistica più recente, ‘sono' Pietro Loffredo.
Loffredo partecipa a varie mostre
a carattere nazionale e nel 2001 è presente con una personale al Premio
Letterario “Procida, Isola di Arturo, Elsa Morante”.
Successivamente, fra i suoi
interventi più significativi, si segnala la personale a Castel Sant'Angelo per
le Giornate Europee del Patrimonio (settembre 2002), dove le sue installazioni
sono messe a confronto con la produzione scultorea dello scultore francese
Guillaume de la
Chapelle. Nel 2004 è la volta di << Ludica/ mente
>>, mostra curata dal critico Fabio De Chirico: le sue opere sono messe a
confronto con le installazioni dell'artista corso- maghrebino Saverio Maestrali;
espone poi a Montecarlo, presso la sede del COMITE NATIONAL MONEGASQUE DE
L'ASSOCIATION INTERNATIONALE DES ARTS PLASTIQUES AUPRES DE L'U.N.E.S.C.O., Sous
le Haut Patronage de S.A.S. Le Prince Souverain Alberto di Monaco in una mostra
dal titolo <>.
È un anno molto intenso in cui
tra l'altro realizza le scenografie per Casa Galbiati, spettacolo allestito
presso la Galleria
Toledo in collaborazione con i cantanti del teatro San Carlo
di Napoli. Espone successivamente alcune installazioni e crea una scenografia
per SEGNIDILUOGHI/1 “Persistenze e contaminazioni”, (arti visive, danza,
multimedialità, teatro), a cura di Fabio De Chirico, nel centro storico di
Albanella (SA), avvenimento che si segnala per l'originalità di un allestimento
en plein air, attraverso cui decreta un significativo omaggio a Renato Mambor,
noto esponente della Scuola Romana. Ma la sua attività si esplica anche in un
interessante collaborazione con la scrittrice francese Jeanne Bresciani: da
questo intenso rapporto scaturisce la realizzazione della copertina del suo
romanzo Les Vestiges de Janvier (Ed. Petra, Parigi dicembre 2004).
Nel 2005 nell'ambito dei
Rencontres du Cinema Italien (Bastia, Corsica, 29 gennaio - 6 febbraio), crea
una grande installazione nel pronao del Teatro Comunale, dedicata al cinema e
al gemellaggio della città corsa con Napoli; mentre, in contemporanea, una sua
personale, curata da Fabio De Chirico dal significativo titolo Inter/azioni, è
allestita presso il Consolato d'Italia. Successivamente l'artista avvia una
nuova e stimolante esperienza che lo vede come animatore e curatore artistico
dell'Osservatorio BAC, Bagnoli Arte Contemporanea; si tratta di uno spazio
assolutamente innovativo, non una vera e propria galleria, ma un laboratorio
sperimentale, punto d'osservazione ma anche luogo di contaminazioni
linguistiche, di confronti visivi. È qui, nella nuova veste, che egli cura le
mostre di Antonio Ruffini, Pasquale Mastrogiacomo, e dei video maker
salernitano Lucilla Nitto e Roberto Bove.” (l’opera riprodotta è di Pietro
Loffredo)
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