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domenica 26 febbraio 2012

Pietro Loffredo


“Pietro Loffredo nasce a Napoli, dove vive e lavora. Inizia la sua attività espositiva nel 1982, dopo una tradizionale formazione presso l'istituto d'arte. Inizialmente sperimenta tecniche diversificate, privilegiando la pittura su tessuto e la creazione di arazzi. Già in questi anni si segnalano alcune significative partecipazioni ad eventi espositivi di un certo rilievo. Nel 1999, anno in cui, dopo alcune esperienze nel campo del restauro, apre un atelier a Venezia, la sua ricerca visiva si indirizza verso un linguaggio nuovo e sperimentale. Qui, nella città lagunare, matura la svolta nella direzione di una maggiore puntualizzazione sia nelle tecniche adoperate che nelle tematiche.
In questi anni si definisce la sua ricerca pittorica anche in funzione della individuazione di una peculiare cifra stilistica, che ritrova nella scelta di soggetti privilegiati (angeli neri, cornetti) il proprio concreto repertorio figurativo. Da questo momento in poi inizia a lavorare su tavola, materiale, questo, che diventa il supporto privilegiato – anche se certamente non unico – delle sue opere. Gli “angeli”, desunti dal repertorio visivo popolare, subiscono un processo di desacralizzazione (si guardi la loro sfrontata connotazione sessuale per nulla angelica) e di progressiva umanizzazione, caricandosi di un forte pathos espressivo.
Soprattutto l'artista predilige per la loro pelle il colore nero, quasi fossero creature terrestri innalzate, attraverso un processo catartico, reso ancora più manifesto dal gesto materico della pennellata impastata di strati massicci di colore, nel territorio dell'arte. Strappati al loro destino di creature emarginate, portatrici di un dolore cosmico, si ergono a messaggeri di una sorta di rivincita sulla storia, come a dire che quanto non hanno avuto dalla vita sarà loro restituito dall'arte. In questo senso gli ‘angeli neri' sembrano presagire un destino di rivincita sul tempo, portando sui loro volti le tracce di una sofferenza che abbraccia l'umanità intera: il gesto dell'artista che li ha evocati diventa così lo specchio di un'età disumanizzata, che annienta e tende a marginalizzare chi non si uniforma, chi non cede ai meccanismi spersonalizzanti delle convenzioni, chi non vende la sua anima al mercato e rivendica la propria diversità, anche attraverso uno sguardo disperato. Sono appunto queste creature del cielo l'emblema della rinascita, la metafora dilagante di un'arte che riscatta, l'annuncio amplificato di una nemesi senza scampo. Riguardo ai suoi celebri e ormai riconoscibili “cornetti”, va detto come l'artista sia riuscito, attraverso la sublimazione estetica, a conferire per primo una dignità artistica ad un oggetto apparentemente banale, anche se carico di valenze antropologiche e apotropaiche, che ne fanno un amuleto portafortuna nella tradizione popolare ad esso collegata. L'oggetto, tolto dal circuito linguistico e folclorico che storicamente gli pertiene, acquista così un valore di feticcio visivo, di forte segno iconico, e assume una vita totalmente nuova, quasi fosse ricreato dal nulla, attraverso la pittura. Il cornetto diventa una specie di cifra espressiva, un logo riconoscibile dell'artista che ne sperimenta tutte le potenzialità visive: ora dipinto, ora concretamente aggettante dall'opera, ora a tutto tondo, esso celebra festosamente la vittoria del sorriso sul dramma. Così le due anime dell'artista si congiungono e mostrano lati e dimensioni contrapposte, ma complementari. In fondo si può dire che queste icone, che non hanno parenti riconoscibili nella tradizione artistica più recente, ‘sono' Pietro Loffredo.
Loffredo partecipa a varie mostre a carattere nazionale e nel 2001 è presente con una personale al Premio Letterario “Procida, Isola di Arturo, Elsa Morante”.
Successivamente, fra i suoi interventi più significativi, si segnala la personale a Castel Sant'Angelo per le Giornate Europee del Patrimonio (settembre 2002), dove le sue installazioni sono messe a confronto con la produzione scultorea dello scultore francese Guillaume de la Chapelle. Nel 2004 è la volta di << Ludica/ mente >>, mostra curata dal critico Fabio De Chirico: le sue opere sono messe a confronto con le installazioni dell'artista corso- maghrebino Saverio Maestrali; espone poi a Montecarlo, presso la sede del COMITE NATIONAL MONEGASQUE DE L'ASSOCIATION INTERNATIONALE DES ARTS PLASTIQUES AUPRES DE L'U.N.E.S.C.O., Sous le Haut Patronage de S.A.S. Le Prince Souverain Alberto di Monaco in una mostra dal titolo <>.
È un anno molto intenso in cui tra l'altro realizza le scenografie per Casa Galbiati, spettacolo allestito presso la Galleria Toledo in collaborazione con i cantanti del teatro San Carlo di Napoli. Espone successivamente alcune installazioni e crea una scenografia per SEGNIDILUOGHI/1 “Persistenze e contaminazioni”, (arti visive, danza, multimedialità, teatro), a cura di Fabio De Chirico, nel centro storico di Albanella (SA), avvenimento che si segnala per l'originalità di un allestimento en plein air, attraverso cui decreta un significativo omaggio a Renato Mambor, noto esponente della Scuola Romana. Ma la sua attività si esplica anche in un interessante collaborazione con la scrittrice francese Jeanne Bresciani: da questo intenso rapporto scaturisce la realizzazione della copertina del suo romanzo Les Vestiges de Janvier (Ed. Petra, Parigi dicembre 2004).
Nel 2005 nell'ambito dei Rencontres du Cinema Italien (Bastia, Corsica, 29 gennaio - 6 febbraio), crea una grande installazione nel pronao del Teatro Comunale, dedicata al cinema e al gemellaggio della città corsa con Napoli; mentre, in contemporanea, una sua personale, curata da Fabio De Chirico dal significativo titolo Inter/azioni, è allestita presso il Consolato d'Italia. Successivamente l'artista avvia una nuova e stimolante esperienza che lo vede come animatore e curatore artistico dell'Osservatorio BAC, Bagnoli Arte Contemporanea; si tratta di uno spazio assolutamente innovativo, non una vera e propria galleria, ma un laboratorio sperimentale, punto d'osservazione ma anche luogo di contaminazioni linguistiche, di confronti visivi. È qui, nella nuova veste, che egli cura le mostre di Antonio Ruffini, Pasquale Mastrogiacomo, e dei video maker salernitano Lucilla Nitto e Roberto Bove.” (l’opera riprodotta è di Pietro Loffredo)


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