Tra il 1912 e il 1913 Rabindranath Tagore
pronunciò per gli studenti di Harvard, rappresentanti ideali dell'Occidente, le
otto conferenze basate sugli insegnamenti della sua scuola di Santiniketan qui
presentate nella traduzione di Brunilde Neroni dall'originale bengali. Questo
libro ha il significato di un incontro: il grande poeta indiano si fa
interprete della propria civiltà e della propria cultura, isolando alcuni temi
fondamentali ed eterni (l'amore, il lavoro, la bellezza) ed esplorando
l'importanza che essi hanno avuto per i due mondi: quello in cui è nato e
quello a cui si presenta.
Lo fa con una prosa che ha la semplicità dei
suoi versi, e che ci offre considerazioni di straordinaria attualità, affidate
indifferentemente a una citazione di sant'Agostino o a un versetto delle
Upanisad.
La sua voce è quella di una civiltà antica e
affascinante, che si è posta le stesse eterne domande dell'Occidente e ha dato
risposte complesse e suggestive: nessuno poteva illustrarcele con più suadente
autorità di Tagore.
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