Ricordiamo del saggista e
scrittore Tommaso Giartosio ai tempi della rivista, diretta da Lanfranco
Caminiti e pubblicata grazie alla Provincia di Roma, “il malepeggio”, della
quale l'autore romano è stato fra i redattori; attualmente, invece, Giartosio è
fra i conduttori di Farhenheiti di Sinibaldi di Radio Rai 3. E fra le sue opere
più importanti, il saggio edito qualche anno fa presso Donzelli “La città e
l'isola. Omosessuali al confino nell'Italia fascista”. Ma adesso, perché siamo
di nuovo nell'originale istrionica e imprevedibile “contromano” della Laterza,
Tommaso Giartosio ci stupisce con “L'O di Roma”. Un giro anti-turistico,
potremmo anzi possiamo sintetizzare, nella Capitale. Più precisamente in un
bordo scelto della Capitale. Altrimenti come si fa, ci si chiede, a 'mappare'
Roma intera? Il giro contro-turistico di Giartosio è fatto apposta. Perché
viene fuori da una demarcazione delle linee da seguire che è redatta dal
compasso puntato sulla cartina. Con una punta sull'abitazione dello scrittore e
l'altra al antro della metropoli, dove la città si chiama Foro. La corda è
tesa: tra l'Ostiense e il Foro Romano. L'idea prende corpo da una semplice e
facile costatazione: Roma è una città ad anelli. Però nessun anello fa un tondo
perfetto uguale all'O di Roma: “una linea che scava e scavalca palazzi e
giardini ma anche ville e musei, caserme e teatri, discariche e biblioteche,
campi da calcio e conventi, cantieri e ministeri, cimiteri e cinema, studi
psichiatrici e aule scolastiche, binari e tunnel e due fiumi. Ciò che si trova
esattamente su questa linea - che sia un sepolcro sconosciuto, un precipizio da
lasciarci la pelle, la Pietà
di Michelangelo, la gabbia delle tigri allo zoo, la Biblioteca nazionale,
un giardino zen, o il tetto più alto di Roma - deve venire attraversato. La O diventa così un cerchio magico
che si anima di presenze antiche e moderne. Accanto a Rilke, Borges e Leopardi
troviamo seminaristi scettici e suore anarchiche, poliziotte sospettose e
carabinieri incantevoli, receptionist ignare e segretari filosofi, geometri
appassionati e operai noir: tutta una città inattesa perché colta alla
sprovvista...”. Perché, appunto, Giartosio vaga e improvvisa. Nel senso che si
presenta con una lettera in mano, e poi chiede d'entrare, di guardare, di
visitare. La maniera più sbarazzina per descriverci Roma. E per noi una Roma
così è persino più bella del solito. Eppur un ultimo motivo non possiamo
tacerlo. Quindi rintracciamo il senso di spaesamento, tra l'altro non tacitato
neppure dallo scrittore stesso, che contraddistingue tante invenzioni
letterarie destinate alla collana laterziana più giovane e strana. Altra dote
importante del testo imperdibile.
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