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martedì 7 febbraio 2012

L' O di Roma. In tondo e senza fermarsi mai, di Tommaso Giartosio (Laterza). Intervento di Nunzio Festa

Ricordiamo del saggista e scrittore Tommaso Giartosio ai tempi della rivista, diretta da Lanfranco Caminiti e pubblicata grazie alla Provincia di Roma, “il malepeggio”, della quale l'autore romano è stato fra i redattori; attualmente, invece, Giartosio è fra i conduttori di Farhenheiti di Sinibaldi di Radio Rai 3. E fra le sue opere più importanti, il saggio edito qualche anno fa presso Donzelli “La città e l'isola. Omosessuali al confino nell'Italia fascista”. Ma adesso, perché siamo di nuovo nell'originale istrionica e imprevedibile “contromano” della Laterza, Tommaso Giartosio ci stupisce con “L'O di Roma”. Un giro anti-turistico, potremmo anzi possiamo sintetizzare, nella Capitale. Più precisamente in un bordo scelto della Capitale. Altrimenti come si fa, ci si chiede, a 'mappare' Roma intera? Il giro contro-turistico di Giartosio è fatto apposta. Perché viene fuori da una demarcazione delle linee da seguire che è redatta dal compasso puntato sulla cartina. Con una punta sull'abitazione dello scrittore e l'altra al antro della metropoli, dove la città si chiama Foro. La corda è tesa: tra l'Ostiense e il Foro Romano. L'idea prende corpo da una semplice e facile costatazione: Roma è una città ad anelli. Però nessun anello fa un tondo perfetto uguale all'O di Roma: “una linea che scava e scavalca palazzi e giardini ma anche ville e musei, caserme e teatri, discariche e biblioteche, campi da calcio e conventi, cantieri e ministeri, cimiteri e cinema, studi psichiatrici e aule scolastiche, binari e tunnel e due fiumi. Ciò che si trova esattamente su questa linea - che sia un sepolcro sconosciuto, un precipizio da lasciarci la pelle, la Pietà di Michelangelo, la gabbia delle tigri allo zoo, la Biblioteca nazionale, un giardino zen, o il tetto più alto di Roma - deve venire attraversato. La O diventa così un cerchio magico che si anima di presenze antiche e moderne. Accanto a Rilke, Borges e Leopardi troviamo seminaristi scettici e suore anarchiche, poliziotte sospettose e carabinieri incantevoli, receptionist ignare e segretari filosofi, geometri appassionati e operai noir: tutta una città inattesa perché colta alla sprovvista...”. Perché, appunto, Giartosio vaga e improvvisa. Nel senso che si presenta con una lettera in mano, e poi chiede d'entrare, di guardare, di visitare. La maniera più sbarazzina per descriverci Roma. E per noi una Roma così è persino più bella del solito. Eppur un ultimo motivo non possiamo tacerlo. Quindi rintracciamo il senso di spaesamento, tra l'altro non tacitato neppure dallo scrittore stesso, che contraddistingue tante invenzioni letterarie destinate alla collana laterziana più giovane e strana. Altra dote importante del testo imperdibile.



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