Accostatami alla lettura del libro
di Lorenzo Pezzato, Dipendenze, abbandoni e strane forme di sopravvivenza, la
prefazione mi ha esplicitato il tema principale, la spira dell’intera matassa
poetica, ossia la crisi, la decadenza del mondo occidentale, dove l’unico
valore, preferisco definirlo pittosto che “entità parassitaria”, è la poesia.
La poesia è vita, necessità di
esserci: una necessaria illusione per sopravvivere all’orrore del nulla. «La
verità è brutta: abbiamo l’arte per perire a causa della verità». (Nietzsche).
E qual’è questa verità? Può
essere quella descritta da Lorenzo Pezzato nelle sue quantomai realistche
poesie. Si legge infatti: «Posso accettare la laurea / ad onore la pensione
statale / per gli artisti, quel che si vuole / purchè sia un riconoscimento /
al talento e non una montagna / da scalare un percorso da compiere / con fatica
e applicazione / ... Una poesia si cancella, non si riscrive». (p. 19). Sublime
il valore che vien dato alla poesia com’è opportuno, indispensabile per
l’essere umano. Ed emerge la “questione dei talenti”, dei meriti, che non
rappresentano il metro di valutazione nella società odierna, ma a sostituirli è
ben altro, a primeggiare è altro, è quell’“aliud” che non oso specificare,
taccio. Così si legge Nella parabola dei talenti: «Scagliano versi con fionde
rudimentali / come ciottoli da tavole di legge frantumate / nel passaggio al
nuovo millennio, / contemporanei poeti a corta gittatata / stelle filanti /
talenti in parabola discendente». (p. 20).
Pertanto, intravedo la lotta a cacciare la preda migliore, a raggiungere
la meta prefissata senza scrupoli, nè rimorsi, a puntare dritto l’obiettivo
lasciando a terra sfiancate le proprie vittime, questo vedo, colgo con gli
occhi dell’anima, lasciando un’amara sensazione di immobilismo, incapacità di
cambiare la realtà che si rispecchia nel consumismo, nel “dio” denaro,
nell’individualismo, nell’inquinamento, nella comunicazione virtuale. Proprio
questo tipo di comunicazione che aiuta a relazionarsi, a comunicare in qualche
modo, comporta alle volte il mutamento della propria identità, perciò
l’individuo è portato ad assumere maschere proprio come in teatro, l’individuo
si spersonalizza.
Si legge: «Contatti umani / nella
rubrica, amici / lontani o s-conosciuti / epistolari muti virtuali / frammenti
di conservazioni / rimaste in sospeso relazioni / a tempo determinato che a
volte / ho segnalato come “importanti”». (p. 31). E ancora: «Aspettano bavosi
un pertugio in cui infilarsi / per brillare un attimo solo di celebrità
mediatica / d’immortalità istantanea / poi essere interrati per sempre
dimenticati / sotto milioni di clic isterici». (p. 35). L’Io individuo si
aliena nelle relazioni sociali, lo sa bene Pezzato che avverte la necessità di
essere diversi: «L’guaglianza è una follia / la differenza è guardiana /
dell’imperfezione il tassello / che manca alla finitezza per farsi sferica
completa / e condannarsi all’implosione». (Diverso è bello) e necessario, p.
64.
Ma come si può fare a salvare
l’identità personale dell’individuo in un mondo siffatto, caratterizzato dalla
logica ferrea e implacabile dell’omologazione degli stili di vita. L’individuo
contemporaneo, ricorrendo al pensiero simmeliano, è il prodotto raffinato di
un’articolata differenziazione sociale, si tratta di esserne consapevoli e di
non lasciarsi invadere da una razionalità a-coscienziale, sfruttando le proprie
capacità e quelle che il mondo offre. Senza dubbio Lorenzo Pezzato possiede
questa consapevolezza. Le sue poesie hanno chiara la condizione dell’individuo
quanto mai disorientato in un mondo dominato dalla specializzazione delle
professioni e dalla razionalizzazione.
Nell’era della globalizzazione si assiste alla distanza
spazio-temporale, alla spersonalizzazione per cui i sentimenti e i valori sono
oggetto di relazioni economiche e la comunicazione verbale tende ad essere
assorbita dalla comunicazione virtuale. È questa la condizione dell’uomo
contemporaneo: arrogante e pieno di sè, che non è più disposto ad accettare i
modelli del passato e vive accontentandosi della sua “medietas” come uno
“specialista senza cultura” (Weber). Mentre, il razionalismo esasperato
promuove un crescente irrazionalismo che Nietzsche configura appunto nell’uso
incontrastato delle tecniche, in una cultura dominata della regione e dal
calcolo, nel lavoro che la società esalta (se pur in questo momento epocale
indispensabile), tralasciando la riflessione filosofica, e quello spirito
dionisiaco, creativo, vitale, necessario nella tragedia greca quanto nella vita
moderna, che implode nella poesia. Da questa
amara e distaccata analisi, emerge una speranza nelle poesie di Pezzato, ossia
che la nascita della consapevolezza di questo “status quo” porterà alla
rinascita per le future generazioni. Eppur tuttavia, mi piace concludere con
questi versi, se pur non gli ultimi dell’intera raccolta, «Figlio mio / tutto
questo un giorno sarà tuo / maledirai la madre bestemierai il padre per la
croce / cui il gesto candido ti ha inchiodato / ma durerà tre giorni appena /
risorgerai a nuova comprensione e sarà luce / sarà vita vera». (p. 46). Il
dolore profondo dell’autore probabilmente condivisibile da molti lettori, il
timore per le future generazioni contiene la speranza di salvezza, pur intuendo
personalmente, una velata ironia. È come la fine di un amore, sei certo che lui
ti ami e tu ami lui, ma poi si conclude con la rottura del rapporto.
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