Abbandonare la propria terra per
cercare lavoro e fortuna altrove: quella dell'emigrante è una condizione che
milioni di italiani hanno dovuto condividere per inseguire la speranza di una
vita migliore. Partire con fiducia e aspettative, ma anche con timore e
trepidazione per un futuro tutto da definire: anche questa è una condizione
tipica dell'emigrante. Ma se si fosse costretti a partire? Se del domani a una
persona non gli importasse granché? Anzi, se costui fosse più legato al passato
che proiettato a guardare avanti?
“Il buio delle Volpi” di Tony
Sozzo affronta il tema dell'emigrazione, rovesciandone però modalità e
contenuto; nell'andare al Nord non c'è più quella chimera tipica di chi si
sente pronto, con la convinzione di avere dinanzi svariate possibilità, a giocare
una sfida con il destino, ma, al contrario, si prova una sensazione di
condanna, come se si fosse imprigionati in una cella senza barriere, costretti
a scontare una pena senza alcuna colpa. In questo modo, non è più il territorio
a essere impoverito dalla partenza di tanta gente, ma è chi lascia la propria
terra, che resta lì immobile, a sentirsi più povero.
Il protagonista del libro abita
in un paesino del Salento e vive tra le sue certezze e le sue abitudini, senza
avere alcuna ambizione, intrappolato in una volontà di eterno ragazzino. Così
trascorre le proprie giornate a leggere libri, identificandosi con i personaggi
che di volta in volta incontra in queste sue escursioni narrative, a parlare
con l’anima di Hanno, il gatto morto e sepolto in campagna, a pedalare con la
bici in giro per il paese. L’unico contatto con una vita normale è Marco e
qualche rara uscita il sabato sera a Lecce, senza però socializzare con il
resto della compagnia dell’amico. Rifiutando categoricamente di ammettere la
diversità del figlio e nel tentativo di smentire quanti lo vedono come “lo
scemo del villaggio”, il padre del protagonista decide di mandarlo al Nord
dalla sorella alla ricerca di un lavoro e di una normalità preclusa nel
Salento.
“Il buio delle Volpi” è un grido
di dolore, un lamento di chi non accetta una vita all’insegna della
responsabilità, di chi vive in un mondo identico e parallelo alla società
contemporanea, di chi gode di un bel sole e di una brezza di vento, di un
singolo momento senza pensare al domani.
L’autore organizza la narrazione
come un flusso di coscienza del protagonista, conferendo un ritmo travolgente,
incalzante, forse a volte anche eccessivamente. Si ha quindi un amalgama tra
fatti e idee, tra azioni e pensieri, con continui cambiamenti di stati d’animo:
una mescolanza espositiva che corrisponde alla confusione della psiche del
personaggio principale. Un romanzo cupo che ha sì una certa originalità
nell’affrontare l’emigrazione in un’ottica capovolta, ma che si dilunga un po’
troppo, rendendo meno efficace lo stile scelto.
Il buio delle volpi di Tony Sozzo
Lupo Editore, 223 pag, 16€
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