"...io posso arrampicarmi
sui rami scaldare i pettirossi con le mani/pregare il dio degli alberi per far
che io veda nascere un lillà.” Don Backy, Fantasia.
Il “fil rouge” che lega i grandi
artisti italiani è la qualità delle loro intuizioni, che non hanno spazio, non
hanno tempo. Sono tutti legati agli altri, in qualsiasi epoca e ovunque siano
nati. Percorrerlo significa avvicinarsi alla cruna dell’ago, superarla e
sporgersi nello spazio infinito che abbraccia e contiene le loro note, le loro
pennellate, le loro parole. Si potrebbe utilizzare l’approccio consueto: dare
rilevanza a coloro i quali abbiano avuto successo planetario, divenendo noti
dappertutto. Ti imbatti, così, facendo torto a tanti ma non a moltissimi altri,
in nomi come Giotto, Cimabue, Dante, Michelangelo, Leonardo, Bernini,
Caravaggio, Raffaello, il Dürer, Goya, Renoir, Louis Armstrong, Vittorio De
Sica, Charlie Chaplin, Totò, Mina.
Seguendo quel filo rosso ci siamo
imbattute in un altro immenso artista che ha prodotto e produce utilizzando sia
le parole, che la musica e l’immagine: Don Backy (al secolo Aldo Caponi,
origini toscane, di Santa Croce sull'Arno) che, tra l’altro, recitò anche con
Totò in Il monaco di Monza. Ci è
accaduto di sentire il parere di chi c’era, tra il pubblico, in un concerto di
piazza: era il 18 agosto 1978, nel Cilento, a Laurino. Un successo strepitoso.
Ci è sembrato giusto anticipare l’intervista con una specie di nota spedita a
personalità delle quali ci interessa molto il parere. Anche se si immagina si
sia tutti isolati, durante questo periodo di festa, comunica Monica Palozzi (http://www.pragmata.info/ ): “Sì, davvero una brava persona. Non si è mai
arricchito quanto avrebbe potuto né speculato su altri come altri hanno fatto
su di lui.
Ebbi modo di conoscerlo a
Trevignano (lago di Bracciano) di persona tantissimi anni fa, una trentina
forse, avevo accompagnato un mio carissimo amico e compagno-flirt di scuola con
cui mi frequento ancora, tal Carlo D'Alatri (cugino del regista Sandro D'Alatri
e oggi autore a radio-rai), che per un periodo di tournée estiva doveva
accompagnarlo con le tastiere. Mi fece l'impressione di un uomo molto timido e
umile nel proporsi, lontanissimo dall'immagine preconcetta del divo. (…)
Sarò felicissima di leggervi...”.
Paolo Franchini
(http://www.paolofranchini.tk/ ): “Ho incontrato Aldo un paio di anni a fa a
Varese, quando venne a presentare un libro. Tra l'altro, da queste parti vive
un tizio che suonava con lui ai tempi del Piper”. E, per finire Marcello
Bellacicco-Ass. FILONIDE di Taranto ( http://www.filonidetaranto.it/ ): “Don
Backy lo ebbi a Taranto e gli feci anche un'intervista che dovrebbe stare in
qualche angolo della rete…”.
Don Backy, dunque, come artista
di successo, che l’Italia l’ha percorsa tutta, ma a lui saremmo giunte
comunque, giacché ci interessa anche il suo valore di uomo, aderendo a ciò che
ci insegna Albert Einstein:
“Non cercare di diventare un uomo
di successo, ma piuttosto un uomo di valore”. Lui lo ha fatto.
Ne proponiamo una stringatissima
selezione effettuata su youtube, segnalando anche la sua volontà di aver voluto
affrontare temi duri (la follia) o altri superficialmente censurati, ma comunque giunti al successo grazie a altri
artisti, come Mina.
Per una veduta di assieme sulle
sue molteplici attività si consiglia di navigare leggendo le pagine di
Wikipedia: http://it.wikipedia.org/wiki/Don_Backy e, soprattutto, il suo sito:http://www.donbacky.it/
Tra i tantissimi film dove si è
disimpegnato: Il monaco di Monza, di Sergio Corbucci, Barbagia (la società del
malessere), di Carlo Lizzani, Cani arrabbiati, di Mario Bava, Pane e tulipani
di Silvio Soldini.
DON BACKY: LA SUA ARTE – L’UOMO
D – Scrivere: parole per musica
da consumare in tre minuti o poco più … E per i libri? Differenze superabili
con le scuole di scrittura creativa, l’Università, le instancabili letture?
R – No, credo proprio no, se non
c’è una istintività naturale, una propensione che si avverte inevitabile, non
c’è università che tenga. Ci si accorge di poterlo fare, cominciando a scrivere
fin dalla tenera età, poi, se son rose fioriranno, ma l’imprinting è precoce.
D – Lo anticipiamo: riteniamo le
parole siano pezzi di cuore, non i figli. È giusta, o almeno vicino alla sua
sensibilità, la nostra convinzione? C’è una canzone che sia per lei un pezzo di
cuore, sincera fino a far odiare chi volesse appropriarsene?
R – Assolutamente sì, ma non
posso citarne una senza far torto a tutti gli altri pezzi che compongono il
cuore, che non si completa mai in un artista e può diventare immenso grazie
alle cose che fa. Io non sono capace di odiare che per folate reattive a torti.
Ma vorrei che la giustizia provasse le ragioni di chi le ha e questo invece
accade raramente purtroppo.
D – Pensieri che prendono forma
sul foglio bianco con varie modalità. Ci sono segreti tecnici inconfessabili? È
richiesta una sensibilità speciale per comunicare attraverso il fumetto?
R – Sì, ho raccontato nei miei
libri della prima volta, quando a sera constatai che da un foglio bianco erano
saltate fuori delle creature, che per me erano vive e potevano parlare, cantare
e muoversi così come avevo immaginato che dovessero fare. La sensibilità
speciale non esiste, importante è avere un concetto preciso da esprimere e
tanta volontà (cosa di cui sono dotato)
oltre a una buona mano tecnica (cosa che io non ho).
D – La Scuola italiana di fumetto:
ci dice qualche nome irrinunciabile?
R – Al di là della scuola, di
irrinunciabili cito semplicemente nell’ordine di preferenza: Hugo Pratt – Milo
Manara.
D – E nel mondo?
R – Mi piace il francese Lauzier
e poi Alex Raymond e Milton Cannif,
anche se ci sono altri straordinari
disegnatori.
D – Lei cantò, era il 1978, nel
Cilento, a Laurino. È rimasta nella mente traccia di quell’evento?
R – Proprio in questo periodo sto scrivendo e pubblicando la mia
storia fotografica in 4 volumi. Vi ho raccontato momenti anche di concerti
tenuti qua e là, ma sono talmente tanti ormai che difficile ricordarne
specificamente qualcuno. Laurino mi è tornato in mente perché – sfogliando le
agende sulle quali mi consulto e confronto – ho letto il nome, ma la
circostanza è troppo lontana anche per me.
D – Don Backy attore: è utile
andare a bottega o basta la mano di un regista di vaglia?
R – Questa risposta può essere
simile a quella data per i fumetti. Qualcuno dice “Faccio l’attore perché avrò
modo di arricchirmi o di avere auto, belle case, donne”. Altri non sanno perché,
ma il trasporto verso quella professione lo avvertono precocemente e
istintivamente Non pensano al risultato
pratico. E sono quelli più bravi.
D – Da dove nascono le sue
competenze, la così potente voglia di comunicare, l’urgenza di farlo con molteplici
forme d’Arte?
R – Credo che la mia sia una forma di creatività istintiva, oltre al
desiderio di confrontarmi con me stesso. C’è una massima che ho sempre tenuto
presente ed è la mia stella polare, recita così: “Gli antichi non sapevano che
quella cosa era impossibile da fare, pertanto … La fecero!”. Ecco spiegata la
spinta che mi muove. Ho attraversato le
varie esperienze (praticamente tutte), cinema, teatro, canzoni, letteratura,
fumetti, unicamente con lo scopo di divertirmi e smentire tutti coloro che
dicevano che quella cosa era impossibile
da farsi. E penso di essermela cavata bene in tutte.
D – Vuole dire altro di sé, del
Don Backy di oggi, che avrebbe voluto avessimo chiesto?
R - Niente di particolare.
Solo un cenno alle mie nuove produzioni:
Ho appena pubblicato il terzo volume
“Storia di altre strade” (1980/1990), della serie “Memorie di un Juke
box”, che comprende “Questa è la storia… (1955/1969) “Storia di altre storie…”
(1970(1980) Una vera e propria avventura
attraverso 50 anni di musica leggera e non solo, corredata da fotografie,
articoli, lettere, testi di canzoni, che completano questa piccola
enciclopedia, che si legge come una favola. Oltre al mio nuovo cofanetto con
video e CD, intitolato “50 anni di mestiere delle canzoni”. Il tutto ordinabile
via web, attraverso il mio sito www.donbacky.it
o www.ciliegiabianca.it
Visto che siamo nel periodo
natalizio, faccio tanti auguri a tutti. Ciao, Don.
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