Uno spazio per la felicità
proposta con eleganza riservata, in ambienti raffinati, dove i clienti
diventano ospiti. Lo abbiamo immaginato e voluto così il San Domenico di Imola.
E dopo più di 40 anni di attività, sentiamo ancora viva questa aspirazione che
ha portato Gianluigi Morini ad aprire il ristorante, il 7 marzo del 1970, con
l’idea di dare a tutti la possibilità di conoscere e apprezzare la grande
cucina delle case nobiliari italiane. Un luogo che diviene “casa”, con una
cucina curata e attenta ai dettagli, che unisce l’armonia dei cibi e alla
qualità delle bevande. Tutto questo non sarebbe stato possibile senza il nostro
indimenticato maestro Nino Bergese, il massimo esperto di “cucina di casa” il
quale ha trasmesso il suo sapere a Valentino Marcattilii che, in particolare
negli anni ’80, ha avuto la possibilità di confrontarsi con altre culture
gastronomiche. Senza dubbio la scuola francese, dai fratelli Troigros a Vergé,
passando per Haeberlin e Point, ha definito, unita alla tradizione italiana, la
nostra precisa identità, sia in cucina che nel servizio. Un servizio
impeccabile, nella sua discrezione, diretto da Natale Marcattilii, entrato dal
primo giorno a far parte del ristorante. Oggi, per garantire il futuro della
“casa”, è entrato a far parte della squadra Massimiliano Mascia, nipote di
Natale e Valentino (entrambi soci del ristorante assieme a Gianluigi Morini).
Un segno di continuità nell’innovarsi e nel rinnovarsi, conservando allo stesso
tempo solide radici nella tradizione gastronomica italiana. Una cucina del
territorio in continua evoluzione, con nuove tecniche al servizio della
tradizione. Un’arte che nella fantasia e nella passione di chi la interpreta
trova le basi per continuare ad occuparsi della felicità dei suoi ospiti.
Nino Bergese - Giacomo Bergese
nasce a Saluzzo nel 1904 e diventa cuoco a soli 13 anni. Nel 1917 entra in casa
del Conte Bonvicino con l'incarico di aiuto giardiniere, ma lascia presto il
suo incarico per affiancare, sempre presso il conte, lo Chef Giovanni Bastone,
futuro cuoco della famiglia Agnelli. Durante questo periodo tiene un diario in
cui annota le ricette che riesce a carpire e che chiamerà sempre "il mio
unico tesoro". A sedici anni è già aiuto cuoco presso il Conte Costa Carrù
della Trinità e ha ospiti famosi: dai sovrani d'Italia a Re Fuad d'Egitto, dal
Duca d'Aosta al Duca di Genova. Nel 1926, a soli 22 anni, è il primo cuoco dai
Wild, una ricca famiglia di cotonieri. Dunque una carriera folgorante, senza
però mai un giorno di riposo, né per il matrimonio, né per la nascita di sua
figlia. Nello stesso anno passa al servizio del conte Alborio Mella di
Sant'Elia, cerimoniere di Casa Savoia. Fu a Villa Crocetta, tra Intra e
Pallanza, residenza estiva del cerimoniere, che Bergese preparò il pranzo per
il ventiduesimo compleanno di Umberto di Savoia: era il 15 settembre. Il pranzo
fu un grande successo, Bergese prepara la torta fiorentina che il principe gli
fa ripetere per tre giorni di fila: a strati di cioccolato gli procura un
premio di 500 lire e dei gemelli in argento con lo stemma reale. Da allora in
poi è tutto un susseguirsi di casate aristocratiche e palazzi borghesi, tra cui
i marchesi Medici del Vascello e i marchesi Baldi. Dopo la guerra Bergese
abbandona le grandi famiglie e si ritira a Genova dove, in vico Indoratori, un
antico carrugio del centro storico, apre il ristorante "La Santa", di cui è
proprietario e cuoco. Conquista le due stelle della guida Michelin, il massimo
riconoscimento, allora, per l'Italia. Il ristorante diventa uno dei punti di
ritrovo della buona cucina, frequentato da personaggi del cinema, della
cultura, dell'arte e del bel mondo, oltre che da re come Costantino di Grecia e
Michele di Romania. Fu Giangiacomo Feltrinelli che lo convinse a raccogliere le
513 ricette più famose nel libro "Mangiare da re". Dopo la chiusura
del ristorante Bergese decide di ritirarsi, ma dietro le insistenze di
Gianluigi Morini, patron del ristorante San Domenico di Imola, torna ai
fornelli nel ristorante romagnolo. Non fu facile convincere Bergese a
ricominciare, questi si considerava ormai in pensione e inizialmente declinò
l'offerta. Su suggerimento di Veronelli, Morini continuò ad insistere fino ad
ottenerne il consenso, ma altrettanto difficile fu convincerlo a restare. L'insicurezza
del grande cuoco consisteva nell'imprevedibilità del numero di commensali di un
ristorante, così confidò a Morini, ma questi ebbe l'arguzia di dargli carta
bianca per potersi esprimere liberamente in cucina. Bergese muore a Genova nel 1977. A Savona ha fondato
una scuola che resta un punto di riferimento per gli intenditori di tutto il
mondo.
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