Ugo MAZZOTTA, ha ricevuto le domande per l’intervista e come una saetta ha spedito, via iPad, le risposte. Pertanto,la veste grafica è leggermente diversa dal solito. La lasciamo così come è: è giusto tutti sappiano quanto questo Autore sia ipertecnologico. Ci sentiamo davvero gratificate per il tempo che ci ha dedicato. È corretto evidenziare come le modalità che stiamo utilizzando per le interviste (spedire le domande e ricevere le risposte per e-mail), non consentano una modifica contestuale e non ci pare corretto correggere-modificare le domande senza che l’Autore lo sappia e magari possa prendere le misure della nuova versione. Pertanto le lasciamo come sono. Il lettore comprenderà, così, il nostro apparente scarso acume e ci scuserà. Segnaliamo gli ottimi consigli che emergono dal testo e speriamo siano utili a qualcun altro, oltre noi.
Evidenziamo la prima risposta: la foto che ha utilizzato come stimolo per l’incipit è quella che tutti potete vedere.
INTERVISTA
D. La prima domanda è un regalo: ecco, prendi questa foto; guarda l‘orologio, vedi che ore sono; osservala bene per due minuti. Poi basta. Chiudi gli occhi; rivedila. Riapri gli occhi e scrivi: l‘incipit per un libro che l‘immagine ti suggerisce. Siamo tutti in trepidante attesa…e promettici che lo userai, se ti è possibile farlo.
R. Sollevò la testa, nonostante ogni movimento gli provocasse una fitta alla nuca. Federica era lì, a due passi da lui, pochi gradini più in alto. Immobile, anche lei; appoggiata di traverso alla parete. Cominciò a ricordare, con difficoltà. Era caduto dalle scale, poi tutto si era spento, ma prima? Perché anche Federica sembrava priva di sensi? E perché gli sembrava così importante ricordare cosa stringeva ancora la ragazza nella mano destra, quella nascosta dietro il suo corpo accasciato sul gradino?
D. Tutto inizia con COMMISSARIATO DI POLIZIA “LA BELLA NAPOLI“?
R. Sì e no. È stato il mio primo romanzo pubblicato, e il primo che ho scritto pensando seriamente a mandarlo agli editori. Ma già intorno ai vent’anni avevo scritto un romanzo giallo à la Christie, a penna, su un quaderno. Ho sempre voluto scrivere.
D. Prima la tua mente diabolica, e forse omicidiaria, dove era? Come liberava la propria creatività?
R: Ovunque e in molti modi. Sono figlio di musicisti, ho provato a scrivere canzoni, a disegnare fumetti, fin da quando ero adolescente.
D. C‘è una tecnica speciale per giungere a una buona trama?
R: Immagino ce ne siano tante, forse quanti sono gli scrittori. La mia tecnica, se la si può definire tale, è di trovare uno spunto che mi piacerebbe leggere in un libro scritto da qualcun altro e andare avanti nel modo in cui mi piacerebbe vedere sviluppato quello spunto. Io leggo quello che scrivo mentre lo scrivo, ho sempre pensato al mio modo di lavorare come a una specie di lettura attiva.
D. Si può contaminare una trama noir con implicazioni comiche, senza rischiare di far calare la tensione? Potrebbe funzionare un personaggio che ammazza allegramente, con gioia sincera, senza alcuna apparente perversione, con piena consapevolezza e con presunta normalità?
R: La contaminazione tra comico e noir è una delle più frequentate e forse una delle poche che può funzionare bene, sempre a condizione di saperci fare. Nel noir moderno c’è spesso una venatura di cinismo che si presta all’annotazione umoristica. Però meglio ricordare che il lettore appassionato di narrativa di genere spesso è molto preciso a proposito di quello che secondo lui si adatta al genere in questione, e non ama essere tradito.
D. Avendo fatto l‘esperienza di stare chiuse in un ambiente angusto (siamo gemelle; l‘ambiente angusto: il grembo), sappiamo di che parliamo: credi che in un mondo troppo stretto (ci appare cosi, non tanto per il sovraffollamento, l‘attuale mondo, che si dice globalizzato, per via delle informazioni che ruotano vorticosamente e giungono ovunque, in un attimo) sia probabile che aumentino gli omicidi?
R: Per un puro calcolo delle probabilità credo di sì. Dubito che la natura umana sia cambiata sostanzialmente negli ultimi decenni e forse secoli, homo homini lupus non l’ha inventato uno scrittore noir, ma certo la vicinanza eccessiva e la coabitazione forzata può rendere più facile che scattino certe scintille.
D. La fama. Abbiamo visto cosa è accaduto a Maradona, come a qualche scrittore di successo: finiscono per chiederti di tutto. Al primo: cosa ne pensasse della contraccezione, della droga (prima dei suoi guai noti), dell‘amore, dell‘affido familiare…. Agli altri: come risolvere il problema della disoccupazione? E quello della mozzarella blu e a pallini colorati? E quello delle energie sporche? E del prossimo viaggio su Giove che ci dice?…C‘è mai stata una domanda che ti ha fatta incaz…Chiediamo scusa, che ti ha indignato, fatto venire la voglia di fuggire, fatto pensare a questo-a darei un morso in testa?
R. Direi di no. Almeno fino a questo punto di questa intervista, non so cosa mi aspetta nelle prossime domande! Scherzi a parte, no. Anche perché essendo conosciuto più che altro in una cerchia di appassionati del genere, non certo al grande pubblico, mi vengono proposte interviste da giornalisti e blogger interessati e preparati.
D. Possiamo rifartela anche noi?
R. Come dicevo, potreste provare voi a creare il precedente…
D. C‘è tra i personaggi da te inventati uno che non è stato compreso? E qual è quello da te più amato? E quello che ammazzeresti se lo incontrassi in questo preciso momento?
R. Alla prima domanda non so davvero rispondere. E forse nemmeno alla seconda, almeno non con una risposta secca. Ovviamente sono molto affezionato al commissario Prisco, il mio personaggio seriale; ma ci sono diversi personaggi che ricordo con affetto, sia tra le vittime, penso alla donna uccisa in Commissariato di polizia La Bella Napoli, sia tra i colpevoli (penso a Indagine privata ma non dico altro per non rovinare la sorpresa a chi lo volesse leggere). E per finire probabilmente ammazzerei il vice questore Donatelli, un burocrate che affligge di tanto in tanto il povero Prisco.
D. Il personaggio letterario che più hai amato in assoluto (ovviamente non escludiamo a priori i tuoi).
R. Questa è la classica domanda a cui non smetteresti mai di rispondere, nel senso che cominci a fare un nome, poi te ne viene in mente un altro, poi pensi “ah già ma c’è anche il tale” etc. etc. Diciamo il commissario Maigret.
D. C‘è qualcosa di te che nessuno sa e vorresti divulgare?
R. Supponendo per assurdo che io fossi arrivato alla rispettabile età di cinquantaquattro anni riuscendo a conservare anche un minuscolo segreto su di me, non credo che verrei a parlarne qui!
D. Dai tuoi personaggi si potrebbe ricostruire la tua idea di umanità migliore, finalmente liberata e capace di intuire che cosa questo pianeta davvero sia (visto come è trattato, pare non lo sappia nessuno)?
R. Suppongo di sì, questo dovrebbe essere possibile per qualsiasi opera di qualsiasi scrittore. Basta che non chiediate a me di farlo.
D. Cosa dovrebbe fare un giovane scrittore per avere qualche possibilità di essere pubblicato e farsi leggere? E cosa non dovrebbe fare per evitare il contrario?
R. Scrivere per il piacere di farlo, parlando di qualcosa che si conosce davvero. Evitare di scrivere perché si vuole spiegare al resto del mondo il senso della vita o perché tutti devono sapere quanto è stata difficile la tua adolescenza; sono entrambi argomenti di cui non frega molto a nessuno.
D. La raccomandazione serve?
R. Per essere assunti da qualche parte sì, tanto. Per essere pubblicati no, a un editore pubblicare un libro costa parecchio e nessuno pubblicherebbe un libro sapendo che fa schifo ma perché gliel’ha chiesto il tale. Certo, essere presentato da qualcuno può far sì che il tuo manoscritto venga letto prima degli altri, ma più di questo non credo. Ovviamente si parla di editori che non chiedono soldi all’autore e che non ottengono finanziamenti pubblici per pubblicare.
D. È ancora valido il grido-consiglio di Eduardo: Fuit‘venn‘? Esagerò? Sbagliò?
R. Maledettamente e tristemente valido. Se potessi fuggirei anche io, e spero che lo facciano i miei figli.
D. Tutto finisce per ora, salvo errore, con LA STAGIONE DEI SUICIDI. C‘è già altro di pronto nel cassetto? E nel futuro?
R. Di pronto niente, di quasi pronto c’è un nuovo romanzo, a cui sto lavorando in questi giorni e che è arrivato oltre la metà. Tra l’altro il mio primo romanzo senza il commissario Prisco e il primo ambientato a Napoli. Poi ci sono tanti altri progetti, il prossimo romanzo con Prisco, una commedia noir in napoletano veramente cattiva, il lavoro con la tv che spero continui…
D. Per scriverlo hai dovuto documentarti? Hai dovuto rileggere le tesi di Durkheim sul suicidio e, magari, qualche statistica sui suicidi? È proprio vero che il suicidio non è mai un atto di libertà contro la società repressiva?
R. Dio mio, no! (cit.) Sono pigro, faccio una fatica boia a documentarmi (e meno male che esiste Internet), figuriamoci se dovessi leggere saggi prima di scrivere un romanzo!
D. Ci avviamo al termine. La Sibilla ti ha già comunicato che sarai protagonista di un giallo; sarai un serial killer che uccide con un bisturi di ossidiana. Che effetto ti fa? Potrebbe funzionare uno come te, con tutte le caratteristiche psicosomatiche, con i tuoi interessi, con il tuo corredo di esperienze e relazioni sociali, come personaggio anche televisivo o cinematografico?
R. Oddio, temo di no. Sono piuttosto schivo, tendenzialmente timido, abbastanza abitudinario, per niente avventuroso, generalmente taciturno. Come personaggio sarei una noia mortale.
D. Ultima domanda, ma è già chiara la tua promozione (annunciata da due Pinco Pallino, deve essere molto gratificante): Un regalo vero. Ecco la Lampada di Aladino. Sfrega pure…Sono realizzabili i tuoi desideri?
R. Certo che sì. Sempre a proposito del personaggio noioso, non mi diverte avere desideri irrealizzabili. Piuttosto, quanti ne ho a disposizione?
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