«[...] In queste opere Aron Demetz segue le isobare del computer scoprendo una figura aliena, glaciale, emerge un’immagine ‘altra’ che abbandona il rude e primitivo taglio del legno per svelare un fitto tratteggio dell’intera superficie. Sulla scultura si dispone il disegno, alle spigolosità dell’impianto volumetrico, alla fisicità plastica si affianca la carezza di un segno nitido, continuo, sinuoso; la pelle dell’opera è avvolta da una coltre di linee che inseguono il profilo di un’asperità, di un avvallamento, disegnando così una sorprendente mappatura ‘astratta’ della figura. Un clima progettuale, asettico, meccanico che si deposita sul corpo della figura incidendo profondamente nel suo racconto, guidando la sua recitazione, presentando nuove categorie interpretative che, di fatto, impongono all’immagine una nuova umiltà e un sospettoso silenzio. È proprio in questa ambigua dissolvenza, in questa inquietante sospensione di tempo e di racconto, in questo ‘respiro trattenuto’ che s’insinuano allucinate presenze; crescono nelle ferite della superficie, negli incavi del corpo, nelle rughe di una pelle segnata e incisa.[...]» Tratto dal testo di Danilo Eccher.
Con testi di Danilo Eccher e la traduzione a cura di Werner Menapace e Elisabetta Zoni. Le foto sono di Egon Dejori, e Dario Lasagni
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