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lunedì 18 luglio 2011

Il libro del giorno: "I colori dei precipizi" di Camelliti Michelangelo – (LietoColle - Collana Aretusa, progetto I Giardini della Minerva n. 2 a cura










Camelliti ha composto un poemetto, articolato secondo le linee di un chiaro progetto, un progetto che si avvale anche di un singolare ap­poggio esterno cromatico, indicato nelle tre parti riferite ai pittori, alla pittura. Un poemetto che è anche il racconto di una vicenda, di un precipizio che innesca altri precipizi, vissuti o potenziali, reali o mentali, in un complesso intreccio di intenso smarrimento e di dolore dalle sfaccet­tature varie. Eppure, quello che più colpisce nel poemetto di Camelliti, è la fermezza della mano, la verità che vuole porgerci senza nessuna sottolineatura retorica, senza il minimo accenno di infingimento. Il suo procedere è infatti aspro e risentito, ma la sua voce si esprime senza eccessi, senza impennate, rifuggendo dall’enfasi in ogni dettaglio. Un procedere opportunamente prosastico, fitto di dolore e verità, ap­punto, che non si vogliono esibire, ma che si devono necessariamente esprimere, perché il cuore in cui risiedono ne trabocca. Il dolore e gli affetti più cari dominano il tracciato di questi precipizi. […] si muove sempre confortato da un pensiero diffuso d’amore, e in quel suo andare, pur sempre “a passi storti” nella libera composizione dei suoi versi, prosegue sostenuto da una viva forza mora­le, quella che gli consente di osservare con sguardo fermo la consistenza disgregata delle cose, nella convinzione che la ricerca di un senso sia pur sempre possibile, o che sia semplicemente necessaria. (dalla prefazione di Maurizio Cucchi)

Dalla sezione GRIGIO PICASSO

A mezzo tronco, incrociata a un ramo, // una ghirlandetta quasi secca. // Sulla corteccia del tronco erano incisi due nomi.// – Guarda, la nostra corona c’è sempre – // nel profilo deformato del corpo astragalico// lo vedi lo vedi, si disloca verso il basso, nella tumefazione // nel seno del tarso.// Una elegante tricromia minuziosa // i miei sandali ai piedi, // pesci miracolosi della dea, che muoiono // di un morbo ignoto.// Il più gigliato balbettamento d’amore // si è rotto il giorno dell’Angelo // tralci penduli sul precipizio a cogliere l’ombra.// La più bella architettura gettata // a passaggio di fiume // e l’angelo custode, lo vedo lo vedo, // distratto dalla primavera.

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