Vivono tra la gente comune, conducono una vita apparentemente normale. Ma la notte è il loro regno, è di notte che si scatena la loro vera natura. Tutto intorno, l’Italia unita sta muovendo i primi passi, eppure, tra i vicoli di San Raffaele, in Friuli, sono i lykaon a reggere i fili del destino. Da secoli vivono in pace, a metà fra la ragione umana e l’istinto animale, ma ora qualcuno di loro ha lasciato che il sangue prenda il sopravvento, e che le pulsioni del lupo vengano alla luce, sconvolgendo un’armonia sottile. L’ombra dei boschi sta per dilagare, inesorabile, insidiosa, e solo uno di loro potrà ricucire il confine tra i due mondi. Starà a lui – accompagnato da una donna fragile e indifesa, che cela in sé la forza sconosciuta e dirompente di una regina delle tenebre –, trovare la chiave che risolverà l’enigma, per difendere il suo popolo dai piani di chi da tempo trama alle loro spalle.
Roberta Ciuffi è un’autrice che con pennellate decise e delicate dipinge un mondo oscuro e penetrante; una grande maestra del romance italiano che per la prima volta presenta un romanzo paranormal, destinato a entrare nell’immaginario delle lettrici.
“Friuli, 1885 - Lars Coulter si accorse della presenza dell’animale prima che il cavallo si fermasse di colpo, puntando gli zoccoli. Prima ancora che i cespugli a sinistra della strada si agitassero, per poi separarsi lacerati da un lampo nero. C’era stato un bagliore nella sua mente, la sensazione che tutto quanto lo circondava divenisse più intenso: gli odori più stordenti, i colori più accecanti, e gli alberi e gli arbusti che costeggiavano la strada di montagna si protendessero come per trattenerlo. Se ne accorse, ma non poté far nulla per evitarlo. Il cavallo si bloccò, nitrendo terrorizzato. S’impennò, scartò, scalciò con le zampe posteriori, e quindi si diede alla fuga, inseguito dall’ombra scura da cui emanava l’energia selvaggia che gli riempiva la mente. Non poté farci nulla, perché a quel punto era già precipitato faccia in giù sul fondo polveroso della strada, tra minuscole schegge di roccia frantumata e sassi. Il colpo gli svuotò i polmoni, e un dolore esplosivo lo paralizzò per un istante. Respirò, prima di rialzare la testa. Non c’era nessuno. Il sole che attraversava le chiome degli alberi gli disegnava addosso un merletto di luci e ombre. Il cavallo e la belva che lo inseguiva erano scomparsi alla vista. L’uomo puntò le mani al suolo per rimettersi in piedi. Una fitta gli incendiò la caviglia sinistra. «Maledizione» biascicò, sputando la polvere che gli ricopriva la faccia. Tentò di nuovo, facendo attenzione a poggiare prima la gamba destra e cercando di sostenersi con le mani. La fiammata stavolta gli arrivò al cervello, facendolo gridare. Riprese fiato, e poi, concentrandosi per controllare il dolore, ruotò col corpo per cercare di mettersi seduto. Sperava con tutte le forze che si trattasse solo di una distorsione. Non aveva nessuna voglia di passare la notte in montagna, con una gamba rotta. Un frullo d’ali annunciò l’atterraggio di una cornacchia grigia, a breve distanza da lui. Avanzò dondolando, muovendo la testa per studiarlo, il grosso becco nero proteso in avanti come una minaccia. Lars Coulter strinse la mano su un sasso. L’uccello si fermò, emise un verso gracchiante e volò via. L’uomo lo seguì con gli occhi, finché non lo vide scomparire tra un larice che sussultava e brontolava, formicolante di ali. Lentamente, si mise a ridere. Sperava che gli animali che popolavano la montagna si spaventassero con la stessa facilità di quella cornacchia, altrimenti si sarebbe trovato nei guai. Elena distolse lo sguardo dal finestrino, per trovarsi addosso gli occhi ansiosi della signora Persello. «Sta bene, signorina Arlati?» La frequenza con cui glielo chiedeva iniziava a irritarla. Il presupposto era che una giovane donna in viaggio da sola doveva soffrire della sua condizione, e manifestare con frequenti segnali di malessere la propria natura delicata. «Benissimo, la ringrazio» rispose, senza curarsi di sorridere. Se avesse continuato a farlo ogni volta che la moglie dell’avvocato si rivolgeva a lei, ormai avrebbe avuto la faccia paralizzata per i crampi. Tornò a girare la testa. La signora era come uno di quegli animali che si animano speranzosi quando intravedono dell’interesse nei loro confronti, ma che tendono a tornare al loro posto se li si ignora. L’avvocato Persello l’aveva addestrata bene, pensò, trattenendo un sorriso. I viaggiatori del postale diretto a San Raffaele tacevano, lasciandosi scuotere dall’ondeggiare della vettura senza opporre resistenza. Erano tutti stanchi, ma nessuno quanto Elena Arlati. E nessuno era spaventato quanto lei. Lars Coulter cominciava ad aver sonno. Da più di un’ora, ormai, sedeva con la schiena contro un leccio che le piogge avevano fatto crescere inclinato verso il centro della strada. Quella struttura obliqua era riuscita a richiamare la sua attenzione, strappandolo allo stordimento provocato dalla caduta, e la scomodità della posizione gli impediva di addormentarsi. Avvertiva contro la nuca la rugosità del tronco, e sulla faccia il calore del sole che attraversava il fitto fogliame, di un verde così scuro da sembrare nero. Aveva bisogno di quel calore più d’ogni altra cosa, anche del riposo o del sonno. Lo stomaco protestava per la fame. Aveva mangiato l’ultima volta più di un giorno prima, ma la sua mente era in grado di ignorare la tormentosa sensazione di bisogno, isolandola fino a dimenticarla. La caviglia si era gonfiata. Se la teneva immobile, non gli faceva male. Calcolava che ci fosse ancora un paio d’ore di luce per riuscire a trovare una soluzione. Dopodiché, gli si aprivano altre possibilità.”
Nessun commento:
Posta un commento