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martedì 14 giugno 2011

Scarnificazioni nutrienti di Massimiliano Manieri









Lo avete trovato, finalmente…

Sul ciglio della noia impolverato e lindo…

Disseminato calmo aveva già in veranda…

Tutti i vostri discutibili mangimi scaduti…

Nel nome dei vostri suggestivi dik-tat al neon

ha ucciso ogni colpevole animaletto domestico

Perché dietro rappresaglie bibliche pompose

Nascondevate i pacifici legionari del pensiero

Perché dietro i vostri ossessivi moijto ghiacciati

dormivano le tiepide facce da buco nell’orzoro…

mi avete trovato, finalmente…

che già ero pronto alla nuova prostituzione

rintanato nel bisogno di giacchette rassicuranti

avrei osato colori intonanti le vostre facce ingiallite

avrei osato tutto ciò che è degno di un uomo

ma poi l’uomo mi avrebbe raggiunto sin qui…

sotto un’opaca lampada aragosta scassata

dove fingo di leggere l’ultima rivista superflua

dove tu mi chiedesti della mia incredulità

ed io blaterai sul mio inutile bisogno d’America

mi avete trovato, finalmente…

e vi siete riuniti nei salottini in finta pelle

dove avete annotato del nuovo nemico ricomposto;

dove ciarlate dell’odierna tendenza culturogena

immaginando sia alla terza pagina dell’ultimo Ikea,

ma non trascurate di portare nelle tavernette chic

il plotoncino di giacobini entusiasti ed applaudenti

che vi tiene lontani dal minimo reale accenno d’io

e dal prossimo lettino da specialista rionale

che v’aggiusterà come i sudoku che abbandonate

mi avete trovato, finalmente…

nei confessionali intinti da metallurgiche liturgie

dove amate alternare l’ultimo trendy-finto sushi

al vostro irrefrenabile bisogno dichiarante pudicizia

ed in confidenza nell’orecchio del vicino liberate…

quella precisa, malinconica voglia di nomination

ed a me, che in trincea friggo omelettes d’ordinanza

dal fermo biologico conclamato d’ogni guerra santa

cosa ne è ora che la catena è adornata dalla pace clonata

e delle rabbie che al risveglio avevano il mio puzzo originale

mi avete trovato, finalmente…

e mi scansate provando un senso di rassicurante schifo,

scostate il tristo opaco residuato e bandieraccia lisa

e vi chiedete dietro occhialucci lucidi freschi di outlet

chi mi ha dimenticato, o lasciato fuori dopo l’ora d’aria

ora che la ricreazione global infine regna incontrastata

e vi raccomandano che è fashion parlare anglofono

mangiar cinese, l’agghindarsi da basso mediterraneo

e continuare a voltare il viso sullo scomodo negretto di turno

che affronta tutti i possibili mestieri che conviene scansare

mi avete trovato, finalmente…

spossato dall’anno lavorativo a meditar di spiagge e musei

ed optare viaggi culturali in una Thailandia libidinosa qualunque

dove il nodo della cravatta regimental sfida la caluria

ma le bambine hanno imparato a sfilarla senza stropiccio alcuno

le stesse che vi adagiano sulle lenzuola finalmente lontane

dalle grigie mogli che scegliete perché vengono bene in foto

che vi tengono abbastanza lontani da voi, ma non dalla mia vista

così che nella dogana dove aprite il documento che vi rispecchia

io aprirei piuttosto la valigia carica della merda che vi racconta

mi avete trovato, finalmente…

e cadete sul fianco, non trovando straccetto alcuno di Versace

strabuzzate increduli sull’io non toccato da scontatezza tatuata

nello stesso posto dove tu mi raccontasti dell’ultima caduta

ed io seppi riportarti intatto il ricordo di cosa tu eri per me,

e ti raccontai di quando a pallone non mi passavano la palla

perché l’assenza del coraggio mi si vedeva dritta in faccia

e forse l’imparai molto più tardi delle regole del fuorigioco

ma non dimenticai più la differenza tra un dribblarti pallido

e l’arrivare sotto porta intanto che gli avversari se la ridevano

mi avete trovato, finalmente…

sulla soglia di un ipermercato scavalcare transenne leggero

per il fantastico cellulare ultrasottile con l’offerta del mese

presentarmi alla cassa sanguinante chiedendo se l’incarta

che strapparlo a pugni a chi precedeva in fila lo fa sentire dono.

dovreste vedermi, mentre con orgoglio lo mostro ai bambini

con la faccia da ebete sicuro di sapere che non capiranno mai

quanto tutti insieme scivoliamo da scalinate senza gradini

che dopo l’invenzione dei pulsanti per ciechi negli ascensori

soffiammo alla luna che la cecità non ci avrebbe più sorpreso.

lo avete trovato, finalmente…

e l’ultimo lembo di innocenza gli si staccò senza rumore…

Come un qualunque gioco riposto, smise instupidito di brillare…

Nella bocca di Peter croccava l’ultimo cracker masticato…

Il ragazzino lasciato solo senza alcuna ragione apparente…

I pantaloncini corti ora piegati e dismessi da tempo…

pareti da bunker intirizzivano paure che sarebbero sopravvenute…

Cosa avrebbe trattenuto per sé, cosa abbandonava ai nuovi nemici…

Si guardava intorno senza sapere da dove sarebbero arrivate…

Le tanto gentili, attese, scarnificazioni dell’adulta età…

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