Lo avete trovato, finalmente…
Sul ciglio della noia impolverato e lindo…
Disseminato calmo aveva già in veranda…
Tutti i vostri discutibili mangimi scaduti…
Nel nome dei vostri suggestivi dik-tat al neon
ha ucciso ogni colpevole animaletto domestico
Perché dietro rappresaglie bibliche pompose
Nascondevate i pacifici legionari del pensiero
Perché dietro i vostri ossessivi moijto ghiacciati
dormivano le tiepide facce da buco nell’orzoro…
mi avete trovato, finalmente…
che già ero pronto alla nuova prostituzione
rintanato nel bisogno di giacchette rassicuranti
avrei osato colori intonanti le vostre facce ingiallite
avrei osato tutto ciò che è degno di un uomo
ma poi l’uomo mi avrebbe raggiunto sin qui…
sotto un’opaca lampada aragosta scassata
dove fingo di leggere l’ultima rivista superflua
dove tu mi chiedesti della mia incredulità
ed io blaterai sul mio inutile bisogno d’America
mi avete trovato, finalmente…
e vi siete riuniti nei salottini in finta pelle
dove avete annotato del nuovo nemico ricomposto;
dove ciarlate dell’odierna tendenza culturogena
immaginando sia alla terza pagina dell’ultimo Ikea,
ma non trascurate di portare nelle tavernette chic
il plotoncino di giacobini entusiasti ed applaudenti
che vi tiene lontani dal minimo reale accenno d’io
e dal prossimo lettino da specialista rionale
che v’aggiusterà come i sudoku che abbandonate
mi avete trovato, finalmente…
nei confessionali intinti da metallurgiche liturgie
dove amate alternare l’ultimo trendy-finto sushi
al vostro irrefrenabile bisogno dichiarante pudicizia
ed in confidenza nell’orecchio del vicino liberate…
quella precisa, malinconica voglia di nomination
ed a me, che in trincea friggo omelettes d’ordinanza
dal fermo biologico conclamato d’ogni guerra santa
cosa ne è ora che la catena è adornata dalla pace clonata
e delle rabbie che al risveglio avevano il mio puzzo originale
mi avete trovato, finalmente…
e mi scansate provando un senso di rassicurante schifo,
scostate il tristo opaco residuato e bandieraccia lisa
e vi chiedete dietro occhialucci lucidi freschi di outlet
chi mi ha dimenticato, o lasciato fuori dopo l’ora d’aria
ora che la ricreazione global infine regna incontrastata
e vi raccomandano che è fashion parlare anglofono
mangiar cinese, l’agghindarsi da basso mediterraneo
e continuare a voltare il viso sullo scomodo negretto di turno
che affronta tutti i possibili mestieri che conviene scansare
mi avete trovato, finalmente…
spossato dall’anno lavorativo a meditar di spiagge e musei
ed optare viaggi culturali in una Thailandia libidinosa qualunque
dove il nodo della cravatta regimental sfida la caluria
ma le bambine hanno imparato a sfilarla senza stropiccio alcuno
le stesse che vi adagiano sulle lenzuola finalmente lontane
dalle grigie mogli che scegliete perché vengono bene in foto
che vi tengono abbastanza lontani da voi, ma non dalla mia vista
così che nella dogana dove aprite il documento che vi rispecchia
io aprirei piuttosto la valigia carica della merda che vi racconta
mi avete trovato, finalmente…
e cadete sul fianco, non trovando straccetto alcuno di Versace
strabuzzate increduli sull’io non toccato da scontatezza tatuata
nello stesso posto dove tu mi raccontasti dell’ultima caduta
ed io seppi riportarti intatto il ricordo di cosa tu eri per me,
e ti raccontai di quando a pallone non mi passavano la palla
perché l’assenza del coraggio mi si vedeva dritta in faccia
e forse l’imparai molto più tardi delle regole del fuorigioco
ma non dimenticai più la differenza tra un dribblarti pallido
e l’arrivare sotto porta intanto che gli avversari se la ridevano
mi avete trovato, finalmente…
sulla soglia di un ipermercato scavalcare transenne leggero
per il fantastico cellulare ultrasottile con l’offerta del mese
presentarmi alla cassa sanguinante chiedendo se l’incarta
che strapparlo a pugni a chi precedeva in fila lo fa sentire dono.
dovreste vedermi, mentre con orgoglio lo mostro ai bambini
con la faccia da ebete sicuro di sapere che non capiranno mai
quanto tutti insieme scivoliamo da scalinate senza gradini
che dopo l’invenzione dei pulsanti per ciechi negli ascensori
soffiammo alla luna che la cecità non ci avrebbe più sorpreso.
lo avete trovato, finalmente…
e l’ultimo lembo di innocenza gli si staccò senza rumore…
Come un qualunque gioco riposto, smise instupidito di brillare…
Nella bocca di Peter croccava l’ultimo cracker masticato…
Il ragazzino lasciato solo senza alcuna ragione apparente…
I pantaloncini corti ora piegati e dismessi da tempo…
pareti da bunker intirizzivano paure che sarebbero sopravvenute…
Cosa avrebbe trattenuto per sé, cosa abbandonava ai nuovi nemici…
Si guardava intorno senza sapere da dove sarebbero arrivate…
Le tanto gentili, attese, scarnificazioni dell’adulta età…
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