(16) - “Ha turno ancora il male morto// le conchiglie frantumate veci di monete// la nettezza panica del caso certo// alunno consumato infante// fantoccio di sé senza tremore al nulla.// L’ausilio dell’antenna coma di vecchi// particolari nidi di coriandoli vederli// accanto al coro della venia in cantica// tic di altare contatto di frescura.” Nella poesia di Marina Pizzi il pronunciarsi del Sacrificio è un dire destinale sulla resa dei conti che ciascuno di noi prima o poi è destinato a fare, per non rimanere con un pugno di mosche in tasca. E in questo monologo, perché fondamentalmente si tratta di questo, l’animo viene smembrato da forti gradazioni di Bene e Male, quasi si stesse svolgendo una lotta sanguinaria contro il Cielo.
Marina Pizzi è nata a Roma nel 1955, dove tuttora vive. Ha pubblicato numerose raccolte di poesia, molte delle quali sono state tradotte in persiano, inglese e tedesco. Tra i suoi ultimi libri: Dallo stesso altrove (Roma 2008), L’inchino del predone (Piacenza 2009), Il solicello del basto (Roma 2010). Attualmente cura sul web i blog di poesia Sconforti di consorte, Brindisi e cipressi, Sorprese del pane nero.
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