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mercoledì 13 aprile 2011

La neve nera di Oslo, di Luigi Di Ruscio, prefazione di Angelo Ferracuti (Ediesse). Intervento di Nunzio Festa




















Con l'ostinazione e la fluidità cattiva della lava. La prosa di Luigi Di Ruscio, tipo in questo ultimo, per il momento, esempio di “La neve nera di Oslo”, che sta arrivando “Memorie immaginarie” (presso altro editore combattivo e giovanissimo e fuori dalla cerchie) - davvero lascito estremo del poeta scomparso a febbraio, proprio con l'ostinazione e la fluidità cattiva della lava si palesa. Si presenta sopra e sotto i nostri occhi. Nelle menti nostre, è chiaro. La lingua Di Ruscio, quella che oramai, al pari d'un altro autore nostro, non è più così sconosciuta ai più attenti, trova nell'approssimarsi ai campi della poesia il suo punto più alto, migliore, proprio quando e solamente quando esce dal classico giro delle parole messe e pronunciate in punta di versi. Una scrittura che trova il suo luogo di fermento oltre lo stesso incedere troppo fermo o residuale della sosta raccontata, sia questo un momento di fabbrica o meglio e maggiormente un attimo tolto dallo spirito della casa norvegese tutta, minima e statale. L'esilio del poeta, volontario come necessario, si pensi alla possibilità raggiunta solo fuori dall'Italia del Di Ruscio di diventare operaio, è uno dei contenuti della stessa trama. Dove oltre il verso sotterraneo, appunto, si deve navigare in una prosa che abbiamo detto, e non ce ne pentiamo assolutamente con l'avanzare dei fogli a venire, fluida e allo stesso tempo più che incandescente. Lo scrittore Luigi Di Ruscio si gongola, a volte, rileggendosi difronte allo specchio. Perché non ha trovato, mai, compromesso alcuno. E quindi quel vetro non ha paura d'affrontare. E allora allo specchio nasce, anzi rinasce, l'italianitudine che oltre a essere dichiarata in tante occasioni dallo stesso autore, si vive nelle dimensioni letterarie inventare, anzi riportate, nel racconto “La neve nera di Oslo”. Molti aspetti del volume sono giustamente analizzati, in sede di premessa quasi, da Ferracuti. Prossimo, nonostante la distanza, al Di Ruscio, lo scrittore Angelo Ferracuti entra nelle fretta allucinante e soggiogante che è la stessa e tante scrittura del poeta. La fluidità, molto cattiva, del discorso fa davvero a cazzotti con i tanti cambi d'argomento, il più delle volte repentini, che si rintracciano nel libro e servono a tanto. Ma che, soprattutto, hanno il compito e assolvono al dovere di cantare il pensiero intimo e universale di Luigi Di Ruscio. Che verità alla mano sporca l'immaginario sornione delle menti più affinate. Scomparso appena due mesi fa, è il momento d'attendere le corse delle cosiddette major italiane dell'editoria a ricostruire il personaggio. Però prima del lavoro loro, salviamoci.

La neve nera di Oslo, di Luigi Di Ruscio Prefazione di Angelo Ferracuti, Ediesse (Roma, 2010)

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