“Il ragazzino lasciò il marciapiede dissestato e sporco sul quale tutti gli altri stavano muovendo i loro passi elettrici e allucinati. Si accinse ad attraversare il parco, anch’esso squallido e sporco, dentro al quale svettavano quattro alberi spogli che non avrebbero avuto più nemmeno l’orgoglio di opporsi con forza al rumoroso e devastante taglio di una motosega. Si sarebbe detto che ognuno di quegli alberi non solo meritasse, ma avesse addirittura il diritto di essere abbattuto per tornare almeno, in qualche umile modo, utile. Sotto la sovranità di quei principi senza gloria versavano ancora pochi fedeli sudditi raggruppati in famigliole di fili d’erba ingiallita. Altrove l’unico vero tiranno era il marrone di una madre terra capricciosa ed esigente che per fiorire avrebbe avuto bisogno di attenzioni. La direzione era quella di casa. L’ometto avrebbe dovuto oltrepassare la desolazione buia del parco, prima di calpestare l’asfalto della Quinta strada. Da lì avrebbe potuto incunearsi nel canyon di cemento che si stagliava a poche centinaia di metri dai suoi occhi. Quella gola che, per qualche scherzo del destino, aveva un nome alquanto insolito e rassicurante. Un nome dedicato da una sudicia, enorme, città alla memoria di un qualche scrittore dimenticato. Un intento nobile e fallito, poiché il ricordo dell’artista era già da tempo esclusivo patrimonio della targa arrugginita appesa all’inizio della via.
VIALE DEI PENSIERI luogo prediletto dallo scrittore Luciano Fontana per “riflettere e filosofeggiare”.
Il Viale dei Pensieri poteva in qualche modo considerarsi l’equivalente del veneziano Ponte dei Sospiri che conserva questo romantico e malinconico nome per via del luogo, che niente aveva di romantico, al quale conduceva in passato.
“Lasciate ogni speranza voi ch’entrate“, avrebbe piuttosto dovuto recitare quella targa. E chi avesse percorso il Viale dei Pensieri avrebbe avuto questa sensazione in cuor suo, questa frase nella testa. “Lasciate ogni speranza voi ch’entrate”. Non esiste nessun ragionevole dubbio per credere il contrario.”
Soldi, per avere rispetto, per avere potere: lo schema a cascata che riassume il sogno di molte persone." Dopo la visione del film, Scarface diventa anche il sogno di un ragazzino di periferia che, pur di seguire l'esempio di Tony Montana, è pronto a sacrificare ogni cosa.
Scarface: A Cautionary Tale for the Ages
RispondiElimina"Say hello to my little friend!"
These words, uttered with chilling intensity by Al Pacino as Tony Montana, have echoed through popular culture for decades. Scarface, a film that initially polarized audiences with its graphic violence and explicit content, has since ascended to the pantheon of cinematic classics. But why? What is it about this tale of greed, power, and ultimate downfall that continues to resonate?
At its core, Scarface is a cautionary fable. It's the story of a man driven by an insatiable desire for wealth and status, who ultimately becomes a victim of his own ambition. Tony Montana, a Cuban refugee, arrives in Miami with nothing but a dream of success. Through a combination of ruthlessness, intelligence, and sheer force of will, he climbs the criminal ladder to become a cocaine kingpin. But his empire is built on a house of cards, and his descent into madness is as inevitable as it is tragic.
The film's enduring appeal lies in its unflinching portrayal of the American Dream gone awry. Tony Montana is a quintessential anti-hero, a character both repulsive and fascinating. Pacino's iconic performance, with its over-the-top intensity and quotable lines, is a masterclass in acting. But it's the film's broader themes of corruption, materialism, and the destructive power of unchecked ambition that give it its lasting relevance.
Scarface is also a product of its time. Released in 1983, it captured the zeitgeist of the Reagan era, a period characterized by excess, materialism, and a growing drug epidemic. The film's depiction of Miami as a city of vice and opportunity is a stark contrast to the sun-soaked glamour often associated with the region.
While Scarface has been criticized for its violence and misogyny, it is important to view the film through the lens of its time. It's a reflection of a society grappling with complex issues, and its unflinching portrayal of these issues has contributed to its enduring power.
In conclusion, Scarface is more than just a violent gangster film. It's a complex and thought-provoking work of art that continues to resonate with audiences decades after its release. It's a story of ambition, greed, and the ultimate price of success. And it's a reminder that the American Dream, while attainable, can also be a dangerous illusion.
What are your thoughts on Scarface? Is it a timeless classic or a product of its time? Share your opinions in the comments below.