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martedì 15 marzo 2011

Oratorio Bizantino, di Franco Arminio, prefazione di Franco Cassano (Ediesse). Intervento di Nunzio Festa






















Quando il vento della marginalità brucia forte, forse troppo forte, occorre ripensare alle potenzialità della marginalità. Oltre il lamento delle vite nuove; quelle che sono diventate la nuova umanità: dopo la civiltà contadina. In “Oratorio Bizantino”, del Franco Arminio paesologo che ancora sta riscuotendo il successo ottenuto grazie al capolavoro “Cartoline dai morti”, l'analisi di Bisaccia e dell'Irpinia in genere, e ovviamente tanto altro a partire dalle prossimità per arrivare esattamente fuori dal baricentro ideale preso a pietruzza di paragone, è solo un momento del discorso. Perché, essenzialmente, grazie ai quattro segmenti in cui è divisa la raccolta di scritti, fatti di politica e antropologia, quindi di poesia – e – letterature (da quella 'minore' in quanto di provincia a quella universale solo come rappresentazione su vasta scala dei fenomeni), il poeta si nutre delle debolezze della sua terra. Per chiedere, col suo impegno, che si guardi a far battaglia. Ovvero che ci si decida una volta per tutte quante di lasciare la logica della superficialità e dei compromessi. Al fine di salvarci, semplicemente. E, non si dimentichi, partendo sempre e comunque da fette di vita geografica, per così dire, dove nonostante possa esserci la possibilità concreta e da concretizzare di fare un nuovo progresso, creare e/o inventare quanto reinventare una sopravvivenza buona a condurre alla vita vera, non si trova riparo dalla morte interiore. Tra depressioni e alcolismo. Fino alla tossicodipendenza. Per giunta in paesi che spesso non raggiungono o superano le migliaia d'abitanti. Solo. Solamente perché è stato il tempo che ha deciso di sconfiggere il rapporto sentimentale e quindi lieto e diretto con tutta la natura. Che in più si mettono nei cassetti anziane e anziani. Togliendo il saluto alla fratellanza. Almeno a quella comunanza che seppure non costantemente nel giusto raccoglieva frutti per ognuna e ognuno. Con la solita scrittura incastonata nei fiati delle parole che sono il lievito di queste stesse vite viste e narrate, persino attraverso la oblunga e perenne morte, Franco Arminio da esempi, tante volte riprendendo suoi scritti pubblicati su giornali locali e nazionali oppure su spazi telematici diversi, per risentire un cammino. Sarà utopia? Ebbene, sappiamo per il momento che esperienze alla Cariano7X si fanno, e le comunità s'appropriano direttamente dei benefici delle manifestazione, o le lotte contro la chiusura d'ospedali e contro la discarica del Formicoso ci sono. E non è affatto poco. Se pensiamo, ancora, che viviamo di questa lande dove in consumismo e la Dc hanno ammazzato. Arminio fa parole. Perché devono esserci fatti. “Oratorio bizantino”, per giunta, su ammissione indiretta dello stesso autore, potrebbe essere il destino di questo nostro grande scrittore italiano. Per uscire dalla logica della chiacchiera. Ma a cernere i resti di popolazioni che delle loro montagne non devono aver paura.

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