«Quest'anno ho piantato un viale di tigli, li ho piantati per rendere più bella la terra che lascerò, li ho piantati perché altri si sentano inebriati dal loro profumo, come lo sono stato io da quello degli alberi piantati da chi mi ha preceduto.
La vita continua e sono gli uomini e le donne che si susseguono nelle generazioni, pur con tutti i loro errori, a dar senso alla terra, a dar senso alle nostre vite, a renderle degne di essere vissute fino in fondo».
«Ora che avverto quotidianamente l'incedere della vecchiaia, la memoria mi riporta sovente ai luoghi in cui ho vissuto... » dice Enzo Bianchi che parte con cuore, testa e memoria, alla ricerca di tutti i luoghi che hanno suscitato in lui affetti e sentimenti, dove ha trascorso l'infanzia o che ha raggiunto viaggiando.
E noi partiamo con lui.
Quelli che visitiamo sono angoli di mondo ma anche luoghi della vita e dell'anima.
Sono il Monferrato con le sue colline, i bric, il paese con la sua comunità, le usanze, i proverbi, l'esistenza grama, la fatica e i momenti di forte e gratuita solidarietà. Sono via Po a Torino, l'università, i portici con i caffè all'aperto.
Sono anche la più lontana Santorini con la sua luce impareggiabile e l'occhio puntato sul Mediterraneo. Sono la cella del monaco, un luogo da dove osservare il mondo, dove diventare consapevoli delle gioie e delle sofferenze e dove prendono forma le parole con cui narrare qualcosa della vita. Un luogo in cui si ripropone sovente la domanda: che ne è di noi?
Perché questo viaggio, naturalmente, è anche un viaggio nel tempo, un viaggio nella vita che scorre, nei giorni di un uomo e in quelli delle stagioni. I giorni degli aromi, ad esempio, che imprimono nella memoria di tutti la Teresina del Muchèt con il suo logoro abito nero, la saggezza popolare, le formaggette e le erbe profumate. O le luci lontane dei falò che brillavano un tempo sulle colline per segnare l'inizio e la fine dell'estate. Sono i giorni del focolare, passati a tavola conversando insieme ai famigliari e all'ospite, gustando il cibo preparato con cura e bevendo il vino che celebra e festeggia (ma che, a volte, è usato per non guardare negli occhi il proprio dolore).
Ma sono anche le vacanze di Natale, quando i bambini aspettavano la festa preparando il presepe e la sera della vigilia il grande ceppo, el süc 'd Nadàl, ardeva nel camino. Sono i giorni della memoria, quella dedicata ai morti e quella delle persone care. E le ore dell'amicizia che scalda il cuore e della fraternità, nonostante.
Sono tutti giorni che attraversano il tempo e fanno parte del nostro vivere: alcuni ci fanno soffrire, altri ci rallegrano e ancora ci stupiscono. Dentro ognuno di questi ricordi, così come per Il pane di ieri, ci sono tante cose: c'è un senso esatto dell'esistenza, dello scorrere del tempo e delle stagioni dell'uomo. C'è un guardare avanti. E c'è una parola per la vita di ognuno di noi.
La vita continua e sono gli uomini e le donne che si susseguono nelle generazioni, pur con tutti i loro errori, a dar senso alla terra, a dar senso alle nostre vite, a renderle degne di essere vissute fino in fondo».
«Ora che avverto quotidianamente l'incedere della vecchiaia, la memoria mi riporta sovente ai luoghi in cui ho vissuto... » dice Enzo Bianchi che parte con cuore, testa e memoria, alla ricerca di tutti i luoghi che hanno suscitato in lui affetti e sentimenti, dove ha trascorso l'infanzia o che ha raggiunto viaggiando.
E noi partiamo con lui.
Quelli che visitiamo sono angoli di mondo ma anche luoghi della vita e dell'anima.
Sono il Monferrato con le sue colline, i bric, il paese con la sua comunità, le usanze, i proverbi, l'esistenza grama, la fatica e i momenti di forte e gratuita solidarietà. Sono via Po a Torino, l'università, i portici con i caffè all'aperto.
Sono anche la più lontana Santorini con la sua luce impareggiabile e l'occhio puntato sul Mediterraneo. Sono la cella del monaco, un luogo da dove osservare il mondo, dove diventare consapevoli delle gioie e delle sofferenze e dove prendono forma le parole con cui narrare qualcosa della vita. Un luogo in cui si ripropone sovente la domanda: che ne è di noi?
Perché questo viaggio, naturalmente, è anche un viaggio nel tempo, un viaggio nella vita che scorre, nei giorni di un uomo e in quelli delle stagioni. I giorni degli aromi, ad esempio, che imprimono nella memoria di tutti la Teresina del Muchèt con il suo logoro abito nero, la saggezza popolare, le formaggette e le erbe profumate. O le luci lontane dei falò che brillavano un tempo sulle colline per segnare l'inizio e la fine dell'estate. Sono i giorni del focolare, passati a tavola conversando insieme ai famigliari e all'ospite, gustando il cibo preparato con cura e bevendo il vino che celebra e festeggia (ma che, a volte, è usato per non guardare negli occhi il proprio dolore).
Ma sono anche le vacanze di Natale, quando i bambini aspettavano la festa preparando il presepe e la sera della vigilia il grande ceppo, el süc 'd Nadàl, ardeva nel camino. Sono i giorni della memoria, quella dedicata ai morti e quella delle persone care. E le ore dell'amicizia che scalda il cuore e della fraternità, nonostante.
Sono tutti giorni che attraversano il tempo e fanno parte del nostro vivere: alcuni ci fanno soffrire, altri ci rallegrano e ancora ci stupiscono. Dentro ognuno di questi ricordi, così come per Il pane di ieri, ci sono tante cose: c'è un senso esatto dell'esistenza, dello scorrere del tempo e delle stagioni dell'uomo. C'è un guardare avanti. E c'è una parola per la vita di ognuno di noi.
Nessun commento:
Posta un commento