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giovedì 28 ottobre 2010

Cicatrici, di Gianluca Morozzi (Guanda). Intervento di Nunzio Festa





















In una città del Nord, forse Milano, un uomo ha compiuto un omicidio in pubblico. E, quest'uomo ormai colpevole, spiega la sua vita e la sua azione alla psicologa chiamata a periziarlo. Ma prima, e ovviamente, dopo, e certamente durante questo “Cicatrici” - nuovo libro del mai giustamente amato autore bolognese Gianluca Morozzi, un padre irlandese massacra quasi la sua intera famiglia. Ed è da qui, anzi, che comincia la storia. Vicenda, tutta, che se inizialmente sembra condita e poi persino ammantata di pretestuosità, si sviluppa con una leggere, scioltezza, scorrevolezza impareggiabile. Alla Vitali delle opere migliori, per far capire. E, infine, sotto una certa luce che porta al noir e che nel contempo ci porta fuori dal noir. Per dire d'un'avventura che prende in ogni accento. Soprattuto a targhe inattese. Ad azioni impensabili. Fitta fitta, in toto, di colpi di scena. Che mai si comprenderà che cavolo c'entri infine il padre d'Irlanda con il quasi anonimo, quanto buono, Nemo Quegg. Nemo, protagonista del romanzo, è finito (si diceva) in gabbia per un delitto atroce. Ha accoltellato, davanti a tanta gente, persino bambini, un uomo. Con freddezza e premeditazione. Senza meritare, d'altronde, l'infermità per mente alluvionata. Morozzi, lo scrittore che normalmente stupisce con trame prese da una fantasia in continuo rinnovarsi, di nuovo mette insieme la brillantezza del suo stile asciutto e scattante con una trama che disegna vicende su vicende. Nonostante non s'arrivi a pagine da scartare, specialmente. Questo nuovo romanzo è suddiviso in: prologo (il massacro), la strana storia del tipografo triste, 1942 e oltre, Karmageddon; e si prenda pezzo per pezzo al fine di sapere più esattamente. Che solo in Karmageddon sappiamo dove nasce l'idea della storia e da cosa la storia davvero sia attraversata. A questo punto è da scrivere o no? No. Almeno per adesso. Ma con l'invito a leggere. Perché la trovata è di quelle, similmente al passato, geniali. Se in “Blackout” il sangue sgorgava più fortemente e nel frattempo rigenerava gli episodi a ogni loro piccolo relax, in questo “Cicatrici” quello che passa Felice, uomo o donna?, sangue a parte, è persino più travolgente. Sconvolge. Che, di fondo, esiste una linea, chiaramente spiegata, utile a farci comprendere persino il motivo d'una certa sottomissione. O di un certo tipo, più esattamente, di sottomissioni. I caratteri di questa storia, quelli dei personaggi insomma, si mischiano al netto delle loro fluorescenza psicologiche. A questa ragione sarà quello che non s'è scritto qui a giustificare ogni cosa. Il prolifico Gianluca Morozzi, che ha in cantiere attualmente diverse altre opere, è tornato davvero allo spessore di “Blackout”. Mettendo fuori questo noir (noir insolito?), dove un tipografo triste sente una strana, sconosciuta, musica. E s'innamora. Un medico s'innamora, però, d'una strana, 'sconosciuta', tirocinante d'ospedale. Dall'altra parte del mondo, nei sogni, altro avviene. Cose comuni. Ma già sentite? Portare esempi, grazie.

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