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venerdì 2 ottobre 2009

In libreria La cura di Michele Ainis (Edizioni Chiarelettere)

"I cittadini sono egualmente ammissibili a tutti gli incarichi e impieghi pubblici secondo le loro capacità, e senza altra distinzione che quella delle loro virtù e dei loro talenti."
Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino, 1789

Un pessimismo duro e compatto come una lastra di piombo. Ma la cura è possibile.
Ecco un decalogo di proposte (dopo un’impietosa denuncia) per costruire una società basata sul merito, la legalità e l’uguaglianza. Un’uguaglianza dei diritti, dal basso. Troppi giovani bravi e onesti restano al palo. Troppe donne emarginate. Troppi singoli contro il concistoro delle lobby. Troppi spiriti liberi lasciati soli contro il conformismo dei partiti, dei sindacati, delle chiese. Serve una terapia d’urto. Cominciamo stabilendo una penalità per chi concorra a ottenere lo stesso lavoro dei propri genitori, il sorteggio al posto delle lottizzazioni, la rotazione delle cariche, l’ineleggibilità contro i conflitti d’interesse... E per promuovere realmente la democrazia inseriamo il referendum propositivo, la possibilità di revoca da parte degli elettori, la mozione di sfiducia verso rettori, dirigenti, presidenti... Per vincere la guerra c’è una camicia di gesso da mandare in pezzi.

a pag. 144
"Contro i vecchi blocchi di potere via ogni carica a vita, nelle istituzioni e nella società civile."

a pag. 112
"C'è una specifica ragione se la politica preferisce i co.co.co, i contratti a termine. Perché così può scegliere i fedeli, stabilizzandoli se dimostrano obbedienza, e nel frattempo tenendoli per anni sotto schiaffo."

Michele Ainis
, costituzionalista, è un siciliano trapiantato a Roma da vent’anni e passa. A Messina, nel 1978, scrive la sua tesi di laurea con la guida di Temistocle Martines, che successivamente lo avvia alla carriera accademica, e soprattutto gli impartisce una lezione di rigore civile. A suo modo, questo stesso libro ne è una conseguenza. Ma questo libro è anche l’ultimo d’una serie fin troppo nutrita. Nell’ordine: "L’entrata in vigore delle leggi" (Cedam 1986); "Cultura e politica" (Cedam 1991); "Le parole e il tempo della legge" (Giappichelli 1996); "La legge oscura" (Laterza 1997, nuova edizione 2002, più volte ristampato); "Se 50.000 leggi vi sembran poche" (Mondadori 1999); "L’ordinamento della cultura" (Giuffrè 2003, nuova edizione 2008, con M. Fiorillo); "La libertà perduta" (Laterza 2003); "Le libertà negate" (Rizzoli 2004); "Vita e morte di una Costituzione" (Laterza 2006); "Stato matto" (Garzanti 2007); "Chiesa padrona" (Garzanti 2009). Ainis ha anche pubblicato, insieme a Martines, un "Codice costituzionale", che ha ricevuto due edizioni per i tipi di Laterza (l’ultima nel 2002), sei edizioni per i tipi della Led (l’ultima nel 2007). Ha curato un "Dizionario costituzionale" (Laterza 2000), nonché – fra l’altro – "Informazione, potere, libertà" (Giappichelli 2005) e "I referendum sulla fecondazione assistita" (Giuffrè 2005). E ha firmato un centinaio di saggi scientifici su vari temi del diritto costituzionale. Dopo di che, se scrivere è una forma di nevrosi (almeno in questo caso sì), c’è da aggiungere un’intensa attività di editorialista, con più di cinquecento articoli su vari organi di stampa. Sporadicamente sul «Corriere della Sera» (nel 1997), «Italia Oggi» (1998-2000), «Il Riformista» (2003-2006), «Panorama» (2005), «Il Sole 24 Ore» (2009). In modo organico e continuativo su «La Stampa», dal 1998 in poi. Da qui qualche riconoscimento, che in Italia non si nega mai a nessuno. Per esempio il premio Tosato (1990), un premio della Cultura della presidenza del Consiglio dei ministri (1991), il premio «Libri dell’anno nella scienza giuridica» (1997 e 2004), il premio «Giurista dell’anno» da parte della European Law Students’ Association (1999), il premio «Santa Marinella» (2004). Quanto all’insegnamento, comincia nel 1984. Come ricercatore a Messina, poi a «La Sapienza» di Roma, quindi (da ordinario) all’Università di Teramo, infine a «Roma Tre». È un quarto di secolo, ti curva un po’ la schiena. Ma d’altronde siamo stati tutti più giovani in passato.

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