Il nano eseguì una volèe straordinaria, saltò con l’incredibile elevazione di un metro e mezzo, stese il braccio e con la racchettona intercettò il pallo netto dell’avversario, sparandogli la palla giusto in mezzo agli occhi. L’arbitro gridò: “Match!”. I raccattapalle entrarono di corsa in campo reggendo una barella. Il pubblico del Foro Italico era immobilizzato nel silenzio, col fiato sospeso. I raccattapalle staccarono la palla conficcata nel bel mezzo degli occhi dello sconfitto, la deposero sulla barella ed uscirono di corsa, perché non esplodesse in campo. Non appena scomparvero, il pubblico finalmente eruppe in applausi e urla di gioia. Non si udì l’eplosione ovattata nei sotteranei blindati. Il nano vittorioso e saltellante, scavalcò la rete ed andò a stringere la mano dell’esanime avversario. Poi alzò le braccia e correndo si mostrò alle telecamere ed ai flashes dei fotografi. Aveva vinto il torneo. Per un anno ancora sarebbe rimasto il campione. Il pubblico cominciò a defluire ed infine il campo fu deserto. Spensero le luci.
Il cadavere dello scimpanzè fu lasciato a marcire fino a che non rimase soltanto la carcassa ischeletrita.
L’anno successivo, si svolse una nuova edizione del Torneo Internazionale di Tennis ad eliminatorie mortali per categorie subumane, di Roma. Nessuno si ricordava più dello scimpanzè, ma anche quella volta il nano trionfò, uccidendone molti per il bene della società della razza superiore. Dieci anni dopo erano morti tutti i subumani. Allora il Presidente ordinò che uccidessero anche il nano. Fu prelevato da casa sua, una mattina all’alba. Non lo vide più nessuno. Si dice che prima di essere sopraffatto ed ucciso, fosse riuscito a smembrare a morsi tre agenti della Polizia Etnica. Ma forse è solo una leggenda, che noi subumani superstiti ci raccontiamo per consolarci un po’, nel buio delle fognature dove viviamo in clandestinità e paura.
Tratto da: «Papier Mais», racconti su foglietti, Fara Editore, 2006
“Un avvertimento al Lettore. Non fare l’errore - comune a tanti, in tempi in cui il contenuto del libro viene misurato nel numero di pagine - di interpretare il genere scelto dall’Autore - il racconto breve - come un tirarsi indietro di fronte ad un struttura più complessa. Nella sintesi di Francesco c’è tutto il sudore di chi riesce a concentrare in poche righe un senso ben più ampio e profondo. Una lotta già combattuta con successo da Autori del calibro di Dick e Ballard. Vi dirò la verità: ho invidiato l’Autore, per quella capacità di mantenere intatto il gusto per la Parola in poche illuminanti righe. E mai il senso di invidia è stato così costruttivo.” (Stefano Martello)
Francesco Randazzo è regista e scrittore, soprattutto
di teatro. Ha pubblicato, con vari editori, testi teatrali, poesie, racconti e un romanzo. Ha ottenuto numerosi riconoscimenti in premi di drammaturgia e festival nazionali e internazionali.
Sito: www.myspace.com/ozarzand
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