Non ci credevo. Sino all’ultima pagina, avevo deciso di non lasciarmi prendere dall’entusiasmo, visto che spesso i bluff editoriali sono dietro l’angolo. Né il timbro “doc” al volume, impresso a indicarne la qualità, dell’intervento prefattivo di Andrea G. Pinketts mi ha influenzato più di tanto, che spesso si sa (e non si dice) le conoscenze dei salotti servono più di ogni altra cosa. Ma non è questo il caso, non appartiene a Ilaria Ferramosca l’essere oggetto di lusinghe o compiacenze, perché sarebbe indegno della sua abilità di scrittrice, e per di più di ottima qualità. Cosa poi assai singolare della poiesi narrativa di quest’autrice, è la capacità di tenere desta l’attenzione per ogni racconto, e soprattutto non avere mai cadute di tono e di stile, talvolta giungendo ad un autocompiacimento nell’utilizzo della bella parola, o della simmetria del periodo, a far vedere che il pop non è un sub-universo culturale, tutt’altro. Anche perchè l’operazione dello scrivere racconti è pericolosa e si muove sempre sul filo del rasoio: o si è un Giorgio Faletti nella peggiore delle ipotesi o andando al secolo scorso un Howard P. Lovecraft, oppure è meglio lasciar stare. Ilaria per i tipi della siciliana Akkuaria, consegna al pubblico un piccolo gioellino, di non più di cento venti pagine, che si lascia leggere piacevolmente e apprezzare da subito. Le vicende che danno corpo ai racconti si nutrono di paradossi, da intendersi non come strumenti che l’autrice utilizza come escamotage letterario dell’eccedenza, ma come gioco che costruisce due o più mondi paralleli, li struttura sin nei minimi particolari, e ne interseca i piani creando un forte spaesamento nel lettore, che non sa dove finisce la finzione e comincia la realtà. Penso alla sindrome da Woody Allen, al secolo Allan Stewart Königsberg, (ben nota ai giocatori di ruolo), del protagonista dell’episodio dal titolo “La Sindrome dello scrittore”, che personaggio principale di spy-stories raccontate da un celebre scrittore del genere, prende vita e va da una psicanalista perché interceda presso il suo creatore, per regalargli finalmente una vita tranquilla e ordinaria, e non fatta di inseguimenti, passioni brucianti al limite dell’attacco cardiaco, o di amori occasionali sfiancanti e vuoti. E ancora magistrale è la “neo-nikita” di “Una donna pulita” killer di professione assoldata da donne sposate e tradite dai mariti. Solo per citare due esempi scritturali presenti nel volume. Ilaria Ferramosca, inoltre ha una capacità di sedurre con la parola, una forza erotica semantizzante, che ha dell’incredibile, in grado di solleticare i sensi e amplificare le sensazioni in maniera esponenziale, e soprattutto sa di cosa parla, perché conosce testi e contesti che la circondano, e ne conosce per filo e per segno i recessi più oscuri. Scrive nella prefazione al volume Andrea G. Pinketts : “Quando leggerete i terribili, intriganti, coraggiosi racconti di Ilaria preparatevi al peggio che è quello che uno scrittore onesto vi può dare”. Sono d’accordo con lui, e … anch’io ci tengo molto!
Presenterò l'autrice questa sera al Grifone di Lecce per la Notte Bianca.
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