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martedì 18 novembre 2008

Maria Beatrice Protino in arte Almadressa parla Street Art Sweet Art edito da Skira

DALLA CULTURA HIP POP ALLA GENERAZIONE POP UP: STREET ART SWEET ART
“La street art è indomabile, sexy e caustica.” (Jacopo Perfetti)
“Quando di tratta di rivolta nessuno di noi ha antenati.” (Andrè Breton)

Pubblicato da Skira editore nel 2007, il volume - uscito per suggellare anche su la carta stampata il successo della mostra tenuta al PAC di Milano nel marzo 2007, sotto la supervisione di Alessandro Riva e il benestare dell’assessore alla cultura del Comune di Milano Vittorio Sgarbi - dal titolo “Street Art Sweet Art”, raccoglie i lavori e le interviste di oltre trenta fra i talenti più interessanti della street art italiana, oltre ad approfondite introduzioni critiche di Alessandro Riva e Jacopo Perfetti su quella che si riconosce come nuova e acclamata corrente artistica.
I cd graffitari sono artisti la cui arte si nutre di un'estetica diffusa - che trova le sue radici nel writing storico e nell'estetica della bomboletta spray, ma anche in linguaggi e tecniche più nuove, dagli stikers agli stencil alle tante forme di "disordinazione urbana" presenti ormai ovunque nelle città di oggi – ma, soprattutto, di quella psicologia della "guerrilla marketing" o guerriglia comunicazionale, per cui l’utilizzo di tecniche di comunicazione non convenzionale consentono di ottenere il massimo della visibilità con un minimo degli investimenti.
Come sottolinea Riva, si tratta della generazione cresciuta a spot televisivi, a forum e chat su Internet; la generazione che convive con un concetto di trash ormai sempre meno ristretto, che mangia e partecipa reality e che capisce bene che per arrivare a colpire l’immaginario collettivo occorre usare i mezzi più semplici: la strada o qualsiasi posto in cui capiti, appunto. È la generazione “sospesa tra hip pop e iperpop”: la generazione pop up, che appare e scompare all’improvviso e in modo inaspettato. Ma, oltre a questo, si tratta di giovani artisti lontani dagli schemi dell’arte snob e colta, che recupera, invece, una genuinità e una spontaneità aperta alla condivisione. “Ogni artista è parte di un’opera collettiva che si frantuma tra le vie della polis creando significati molteplici di un significato unico” (Jacopo Perfetti).
Il contesto popolare e anonimo della città - spesso umiliata da un’edilizia selvaggia - viene decostruito per divenire finalmente un luogo nuovo con un significato nuovo, in cui la strada è essa stessa non solo luogo ideale, ma l’unico per operare.
Nelle interviste pubblicate gli artisti rivelano uno sguardo attento alla realtà, uno sguardo che “parte dal basso”, che quasi studia un paese che si muove spesso “attraverso rotte di mode importate dall’estero” e lo fa con passione, col semplice desiderio di comunicare qualcosa, magari proprio in disaccordo con ciò che accade spesso nel “sistema dell’arte”. Gli strumenti non sono solo le bombolette spray, ma “la carta, la colla.. il tutto condito con una buona dose di ironia, dissacrazione mistica, masochismo, pornografia, ..cronaca contemporanea e gossip.. la critica sociale e politica” (tratto dall’intervista di Chiara Canali a Abbominevole) e rabbia, la stessa che li spinge alla ri-conquista di quegli spazi urbani – metafora di spazi mentali – resi oggettivamente indisponibili da un concetto di illegalità che, invece, spesso significa indifferenza: “il racconto del writer si genera nella coscienza e nell’immaginazione dell’artista liberato e liberatore nel momento in cui occupa uno spazio strappandolo all’inerzia. I graffitisti producono energia” (Vittorio Sgarbi).

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