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lunedì 17 novembre 2008
Agostino Palmisano: estratto da "Una volta ero strafatto" EC (Edizioni Clandestine)
PREFAZIONE
IL PAGLIACCIO E’ IN PENSIONE
Una piccola spiegazione.
Tutto ciò che segue è atto di ribellione inutile -ma onesto- di un individuo alle prese con un esame di coscienza. Egli non si guarda dentro per giudicarsi e darsi delle punizioni da scontare, bensì scava per trovare le tracce che il passato a lasciato nel presente e che il presente stesso potrebbe regalare al futuro. Dico regalare perché l’istante perpetuo del presente è condotto sempre con un po’ d’avventatezza, senza reale cognizione di causa. Si rallenta la mente per paura di andare troppo avanti rischiando di rimanere per sempre indietro rispetto ad una quotidianità che girà vorticosamente su se stessa. E la propria storia viene scritta di conseguenza.
Siamo un disco graffiato senza rimedio. Bisognerebbe lasciarsi fluire completamente nella propria mente.
Tutte queste poesie contengono tutto quello che volete: amore, sangue, morte, dolcezza, sesso, cattiveria, pietà, fratellanza, rabbia, ecc. Tutto il bene ed il male si uniformano all’esigenze dell’individuo che cerca la sua pienezza, anche a costo di diventare scontato, ipocrita, qualunquista, ecc. Voglio essere di tutto perché non voglio essere nessuno. Voglio solo vedermi dentro come un qualsiasi spettatore, magari più interessato del normale.
Ma l’atteggiamento introspettivo non è quello tipico d’un vecchio ormai giunto alla fine che cerca di trovare scuse atte all’apertura delle porte del paradiso dopo la morte fisica. L’introspezione è condotta razionalmente e con tutta la lucidità possibile perché priva d’un fine ultimo. Dopo la morte c’è qualcosa che non ci riguarda. Inoltre l’introspezione assume forme più dilatate che comprendono anche l’humus sociale dell’individuo. Egli ghigna contro il mal di vivere, ride senza ritegno dell’angoscia e dei dolori universali, si fa beffe perfino di se stesso. Ma subito dopo è capace di scoppiare in un pianto infantile chiedendo amore ed affetto, conscio di non meritarne.
In fondo ciò che un uomo chiede è comprensione, soprattutto negli sbagli. Bisogna capire la propria umanità.
Chi scrive ama, anche con rabbia. E se mostra violenza è perché l’oggetto del proprio amore lo delude.
UNA VOLTA ERO STRAFATTO
1
DICHIARAZIONE D’INDIPENDENZA
Finalmente abbiamo finito di campare
hanno spento la nostra musica e ce ne siamo accorti
-acqua nel serbatoio dei nostri motori-
sappiamo che è finita e che la banda è crepata
non più autostrade ma strade soltanto
niente più bar dove farci ripulire dalla nostra ignoranza
niente più noia del troppo tempo da vivere
ma solo noia aspettando di sognare
in letti riscaldati dalle nostre famiglie.
Abbiamo raggiunto un altro livello di percezione
abbiamo assaporato le nostre mancanze
non abbiamo vergogna delle nostre amputazioni sociali
-la stanchezza non sarà bandita dai nostri occhi-
e avremo i ritmi che ci meritiamo
avremo la musica che ci rispetta
assaggeremo solo quello che ci inebria
-quello che gli altri credono fa schifo-
avremo sguardi furtivi che chiederanno salive
avremo posture degne dei migliori falsari
niente grandezza altrui
niente banchetti dal vino guasto
niente strade che ci portino ad altre strade
sempre più vuote e cariche di carne fredda
ci meritiamo la saggezza col disprezzo degli amici
vogliamo il fallimento della personalità
e la vogliamo con la nostra grandezza
e niente giudizi.
Prendiamoci tutto ciò che vogliamo
prendiamoci tutti i banchetti del cazzo
prendiamoci tutti gli sguardi che arrapano
prendiamoci il diritto a non dover prendere a tutti i costi
vogliamo la voglia della grandezza
vogliamo girare senza essere visti
senza che qualcuno s’agganci e vampirizzi
-senza dover dire bè che si dice tutto bene ciao-
vogliamo vedere un bel culo
e non desiderare di papparcelo
vogliamo poter dire che siamo delle teste vuote
senza dover fare la faccia dei bravi bimbi
non vogliamo salvare la situazione
perché nessuno farebbe altrettanto
non vogliamo conoscere ragazze per farci amicizia
noi vogliamo scopare
e sogniamo di scopare
fin anche il mondo balordo che va in malora
grazie a noi.
2
Le torri sono spacciate
crolleranno per rinascere sabbia
e le distese finiranno
tranciate dalle reti elettriche
come ragnatele della società
e tutto sarà attirato
verso le correnti potenti
peggio dei gorghi d’oceano
pressurizzando verso l’abisso
pieno di timpani esplosi
-flusso di povertà
-flusso di ricchezza
-flusso infinito
limite che tende a zero
equazioni impossibili
logaritmi statici
ergonomia
matrice vuota
saturazione non dimostrabile.
Tutto sarà dimostrato
tutto morto
tutto nuovo
tutto spento
il passato spiegato dal sesso
il futuro castrato
il presente ignoranza
il presente indifferenziato.
in foto l'autore
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RispondiEliminaPoeta molto innovativo, il suo modo di scrivere ricorda la poetica contemporanea americana.
RispondiEliminaMi piace il suo senso polenico-critico, usa le parole con molta padronanza i suoi concetti sono limpidi e profondi.
Le parole del poeta arrivano al cuore....
RispondiEliminaTALENTO CASTELLANETANO....DA SEGUIRE ATTENTEMENTE...
RispondiEliminacastellanetano geniale....da seguire attentamente...promette bene.
RispondiEliminaGrande capacità di descrivere la realtà che ci circonda e gli stati d'animo personali con parole precise e ficcanti senza dar conto a nessuno,nemmeno a se stesso...Cinico,schietto e disilluso come molti giovani di questa generazione.Si nota una grande cultura personale che lo aiuta a guardare oltre l'ipocrisia di oggi.
RispondiEliminaDa seguire anche nei suoi prossimi lavori...Continua cosi!
Un diamante nella spazzatura...Bravo!
RispondiEliminaGiocare con le parole significa saper giocare con la realtà, con le sue consuetudini, con la sua apparente non-violenza. Saper giocare con la realtà significa averne una grossa conoscenza e capacità di comprensione. La poesia, il gioco e la fantasia, citando malamente Freud, diventano spazio e ambito di introspezione/distruzione dell'anima e della realtà... al pagliaccio si sa, piace, tristemente, giocare...
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