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sabato 27 settembre 2008

Dylan Thomas. Essere un poeta e vivere d’astuzia e di birra (Fidenza, 2008) di Nunzio Festa

Quella che si direbbe una monumentale biografia. Ma che invece d’istallare un monumento ci restituisce la vita d’un grande poeta. Il gallese Dylan Thomas – quello che si scoprirà persino col nome che omaggia il mare - , quel poeta di grazia e disgrazia, di follia (irriverenza, soprattutto) e qualche piccola potente solitudine, è raccontato dal giornalista e romanziere Ferris. L’opera importantissima, appunto, è frutto del lavoro d’un Paul Ferris anch’egli nato a Swansea, città che vide nascere pure il fosforescente astro D. Thomas. La sconvolgente vita di Thomas, che campò sino alla semplice età di 39 anni, è imbottita d’alcol e debiti. Costituita da arte e fama. Contornata di tormenti, e afflizioni. Eppure sempre scandita dal cammino dei versi. La prova che il poeta era in vita, addirittura, era fatta proprio dallo scoppio dei versi. Ferris apre pagine di vita e conduce nelle tante relazioni del poeta. Grazie alla scorrevolezza della biografia, ovviamente, si riesce ad arrivare meglio nel fiato umano. Si sente un lamento. E si vedono le avventure quotidiane d’un uomo bravo e cattivo a giocare con la birra e il denaro. Anche spiacendosene, a volte. Che il poeta vuole la natura e sente la natura, ma si trova perfettamente a suo agio nei salotti accoglienti del lusso. “Nel pieno di una reading – scrive tra le altre cose Serino, in sede di passo introduttivo - davanti ad una platea universitaria, era capace di mettersi a carponi e di emettere suoni animaleschi finché qualcuno non lo accarezzava sulla testa. Allora si acquietava. Come un cane. Oppure iniziava a mordere i presenti o ad aver un comportamento talmente spietato e cinico che faceva scomparire la normalità sbriciolandola. Quando i critici commentavano le sue poesie davanti a lui, invece, si gettava per terra ed iniziava a contorcersi come un indemoniato”. Qui era teatro puro. Allo stesso tempo in quegli spazi temporali era la sua poesia. La moglie non fu propriamente felice della vita con lui, lasciata sola in un pezzettino provincialotto di Galles. Caitlin, fortunatamente per lei, comunque riusciva a non farsi fregare dalla desolazione. Con questa biografia si riesca a scendere e salire in tanti aspetti d’una vita umana e si deve sempre tener presente che si entra nelle stanze d’un poeta a dir poco eccentrico. Siamo nella camera d’un poeta pazzesco. In tanti casi. Dylan Thomas fu menefreghismo spicciolo, occorre aggiungere. La spietatezza che fu era ricambiata da goccioline di spietatezza che la vita reale riusciva ad assicurargli. Il verso è libero, come libero sarà per centinaia d’anni ancora di volteggiare nei tempi.




Dylan Thomas. Essere un poeta e vivere d’astuzia e di birra, di Paul Ferris, a cura di Cecilia Mutti, traduzione di Francesca Pratesi, prefazione di Gian Paolo Serino, appendice con due poesie inedite (Fidenza, 2008), pag. 520, euro 20,00.

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