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sabato 12 aprile 2008
Daniele Giancane su Ieratico Poietico
Ieratico poetico di Stefano Donno - scrive in prefazione Luciano Pagano - «è un poema scritto per una città che il più delle volte toglie senza chiedere nulla» in cui emergono quasi casualmente indizi, che non hanno nulla di metafisico o esistenziale, ma che si risolvono in slogan, reclami, parole vuote. In una parola il vuoto. In effetti, la prima sensazione che si affaccia dopo aver letto questo poema è che, dietro il torrenziale sciabordare di parole, situazioni, accenni, rimandi a «eroi» di celluloide o della cronaca, vi sia una tormentosa lotta contro il nulla del nostro tempo, contro l’inessenziale, lo sciupìo di risorse umane, la superficialità delle relazioni, tutto un mondo perso fra dogmatismi e «conserve culturali» (a dirla con Jacob Moreno).
I tre movimenti che scandiscono il poema del giovane autore salentino edito da Besa («Flumen», «Escape from black hole sun» e «The graal, post-human desire») mettono in scena una condizione umana ritratta a tutto tondo, con un linguaggio che rammenta quello di certa poesia americana: non si fa fatica a «sentire» Whitman di Foglie d’erba e il Paterson di Williams, ma soprattutto la grande lezione della Beat generation, e comunque tutta quella poesia che racconta il mondo senza infingimenti o retorica, che cerca un impatto vitale con la società, che evita come peste il lirismo fine a se stesso (anche se certi passaggi sono «naturalmente» lirici).
Una poesia - quella di Donno - che ha come sottofondo il jazz delle periferie (non a caso il poeta cita più volte figure di emarginati: barboni, puttane), il be-bop, il blues. Stefano Donno affronta con successo la sfida di «narrare» il mondo con un linguaggio che diviene facilmente un «territorio» fra poesia e prosa, fra dicibilità e «altrove»; la messa fra parentesi - in più punti di questo testo - non è semplicemente un espediente letterario, ma la necessità di «dire» quasi a bassa voce, di riflettere o far riflettere: «Ballare amava dire che la narrativa è una branca della neurologia» o «La poesia ha latitudini troppo elevate / per chi scrive versi da qualche anno», così come l’iterazione - che è la tecnica più usata dall’Autore - riporta all’esigenza di battere il tempo, di martellare il lettore e quasi di coinvolgerlo in un clima ipnotico. In questo senso possiamo affermare che questa poesia richiama anche una sorta di «sciamanesimo» del poeta o comunque la sua volontà di essere «tramite», di far scorrere dentro di sé i rumori, i sogni, le contraddizioni del tempo.
Certo, è poesia di città - anche di sarcasmi, malinconie, sconfitte e autocritica - che rivela il meglio di se stessa in molti fascinosi passaggi: «i pensieri ora / si fanno più sottili/ nell’insonnia acida /di notti austere/ troppo gonfie/di ricordi» e attacchi di grande presa: «Ci sono storie/ che non devono essere raccontate/ penso a Mary, Ben e May/ delle loro estati di passione/ delle loro emicranie moleste».
Ieratico Poietico è così una sorta di affresco che ha una forte dimensione teatrale, sia nel tono complessivo sia nella continua entrata in scena di personaggi, dipinti con pochi tratti e che subito rientrano nell’ombra per lasciare il passo ad altri personaggi, che sembrano urgere e chiedere spazio. Stefano Donno realizza così un interessante (in più punti emozionante) poema, che prende il lettore e lo coinvolge sino in fondo.
3/4/2008
fonte Gazzetta del Mezzogiorno
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Di poesia non ci capisco nulla, è un mio limite. Però questa mi sembra una gran bella critica ;-)
RispondiEliminaCara Xtiana,
RispondiEliminaper uno che rimette mani alla poesia dopo 10 anni come me, sembra che qualcosa l'abbia azzeccata.
Grazie per il commento
S.
Ciao Stefano ti faccio i miei migliori auguri per questo ritorno alla poesia.
RispondiEliminaps: se hai tempo, ti aspetto sul mio blog per un tuo contributo al libro dell'amico in comune Luciano Pagano.