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martedì 25 marzo 2008
Stefano Savella su Ieratico Poietico
Da pochi giorni è in libreria Ieratico poietico (pp. 40, euro 5), un vero e proprio poema contemporaneo di Stefano Donno, pubblicato nella collana I poeti del poet/bar di Besa Editrice diretta da Mauro Marino. L’autore ha un blog personale, http://stefanodonno.blogspot.com/, sul quale si possono già consultare alcune recensioni sulla sua nuova opera, che segue le precedenti Sturm and Pulp (raccolta di poesie, Lecce, 1998); Edoardo De Candia, considerazioni inattuali (Lecce, 1999); il romanzo Se Hank avesse incontrato Anais (Lecce, 1999); Monologo - + (Copertino, 2001); la raccolta di racconti Sliding Zone (Lecce, 2002); il saggio L’Altro Novecento – giovane letteratura salentina dal 2002 al 2004 (Lecce, 2004).
Ieratico poetico è sviluppato in tre movimenti dove si alternano l’accumulazione e la riflessione, il lirismo e la prosa, italiano e inglese, autobiografismo e citazionismo. Il primo e più corposo movimento, Flumen, dirige il corso del poema in gran parte degli esiti successivi. Ne è messa in luce un’umanità (in)dolente («fottere gli stranieri / fottere i dispersi / fottere i disadattati»), come dolenti sono le mura del paesaggio cittadino che fa da sfondo («dove i piccioni smerdano / gli archi grandiosi») e dolente è il canto po(i)etico dell’autore («quanta fatica / ogni giorno / evitare gli abissi / barattare parole / mentre il giorno / vacilla / sui miei occhi / imploranti / misericordia»). Fiumi di citazioni letterarie, filosofiche, musicali e cinematografiche (si parte con Charlie Chaplin per finire a Vin Diesel) costituiscono la nervatura del poema che anche per questa caratteristica è necessario definire iper-moderno. Allo stesso modo interessante è la ripresa ciclica all’interno del poema di quello che il poeta stesso, nell’ultima pagina del libretto, definisce «un discorso di denuncia del mercato dello spettacolo, del trionfo della macchina, sentendo l’invenzione poetica come documento etico». Una denuncia che appare evidente nella ‘trama’ del poema e che tende ad assumere i tratti di un discorso ancor più vasto, che fa ricorso alla storia del Novecento, alla crisi della società post-industriale, riprodotta baustellianamente con le immagini della crisi dell’individuo, nei bar, in casa, per strada, in gruppo, in treno, ovunque gli sia possibile «protestare... che il viaggio è troppo lungo».
Ha scritto Luciano Pagano nell’introduzione, dal titolo Una canzone di città, al poema di Stefano Donno: «Rispetto ai maledetti del secolo scorso Stefano Donno ha un vantaggio, quello di poter mascherare e nascondere il suo ego dietro un affastellarsi di immagini che non ha più il suo referente nei papiri inceneriti di una biblioteca alessandrina, bensì in una wikipedia infinita nella quale tutti i linguaggi e tutte le nozioni si trasformano nei colori di una palette personale. Questi versi regalano ordine alla visione di un mondo caotico, malgrado la dichiarazione di non intento al poetare di altro, “sguardi / in un cesso di locale / che arrivano a testa bassa / tra codici sorgenti”».
Pubblicato da stefano savella su PugliaLibre
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