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martedì 4 dicembre 2007

La Besa editrice a Roma a Più Libri Più Liberi 2007










Palazzo dei Congressi Eur - Roma

Giovedì 6 dicembre

dalle 18 alle 19

sala turchese

Tabula Rasa 06 (Besa editrice)

Rivista di letteratura invisibile

autunno/inverno 2007

La rivista letteraria tutt’altro che invisibile!

Tabula Rasa è la rivista che la Besa Editrice dedica dal 2002 alla scrittura di ricerca narrativa e poetica. Prosegue la collaborazione con il gruppo de iQuindici, la sezione dedicata alla narrativa accoglie una selezione dei racconti già comparsi sulla loro rivista Inciquid, in particolare gli autori ospitati sono Gabriele Gismondi, Sandra Risucci e Paolo Ferrari. La sezione dedicata alla narrativa si completa dei racconti inediti di Gabriele Dadati, Gianluca Gigliozzi e Michele Lupo, oltre che dall'esordio di Marco Montanaro, dal titolo "Gli ultimi giorni di martirio del Signor B.". Nella sezione dedicata alla critica è ospitato un interessante intervento di Christian Sinicco, dal titolo "La nuova poesia in Italia? ouverture sulla differenziazione", nel quale vengono esaminati gli autori della recente poesia italiana; insieme a questo gli interventi di Luciano Pagano, Elisabetta Liguori e Grenar, che con Giuseppe D'Emilio descrivono dall'interno l'esperienza di VibrisseLibri. Nella sezione poesia sono ospitati quattro autori, Fabio Franzin, con il poema inedito intitolato “Sull'orlo della strada”. Luigi Nacci, con una selezione di poesie scritte tra il 2004 e il 2007, Claudio Pagelli e, per la prima volta in rivista, Luigi Massari. Le illustrazioni di questo numero sono di Orodè.

Relatori: 
Andrea Di Consoli, Luciano Pagano, Elena Cantarone, Michele Lupo, Stefano Donno
 
 
 

Palazzo dei Congressi Eur – Roma

Sabato 8 dicembre

dalle 19 alle 20

sala ametista

Melissi 14/15 – Cultura, tradizione e folklore: un patrimonio da difendere, una rivista da conoscere (Besa editrice)

Relatori: Vincenzo Santoro, Roberta Tucci, Luciano Del Sette


Questo numero di Melissi, come sempre attento e sensibile ai vari aspetti delle culture umane, scava in profondità sul territorio e contemporaneamente si proietta in un percorso che, partendo dalle sponde opposte dell’Albania, raggiunge l’India passando per il Medio Oriente. Il tema sotto i riflettori è quello della patrimonializzazione della cultura popolare, attualissimo e di grande interesse sia per la ricerca che per la salvaguardia. Il soggetto sollecita, infatti, riflessioni altrettanto complesse e cogenti attorno a concetti quali cultura, popolare, folklore, locale, e al ruolo degli enti pubblici e politici nella determinazione di tali definizioni e nella selezione dei beni che meritino sostegno o salvaguardia. Entrando nel vivo della questione, vengono proposti alcuni documenti prodotti dalla commissione istituita dal ministro per i Beni e le Attività Culturali Rutelli- e presieduta da Paolo Apolito - con l’obiettivo di identificare delle linee guida per l’individuazione di alcuni eventi da valorizzare attraverso un sostanzioso sostegno economico ed eguale esposizione mediatica. In relazione a questi processi di selezione trova posto il saggio di Berardino Palumbo che smaschera e chiarisce i criteri e le procedure che regolano l’inclusione ed il mantenimento dei beni nel patrimonio protetto dall’Unesco. Completano il quadro i contributi che ruotano attorno alla definizione dei beni demoetnoantropologici, di cui se ne fornisce quella istituzionale più recente , e la costituzione di ecomusei. A queste di carattere generale si aggiungono osservazioni più specifiche sulle dinamiche del kithsh e dello shopping, sul rapporto fra cibo e identità, trattato in stile francese da Salvatore Bevilacqua e ancora sull’uso del corpo nelle feste religiose e sul teatro popolare di ricerca. Un posto a sé hanno le riflessioni trasversali di Gabriele Mina su ‘I beni culturali e la scimmia’. La musica ha il suo spazio con i Ghetonia, noto gruppo di musica popolare, e la loro ricerca in equilibrio fra tradizione e creatività, e con il tambur, il liuto che con il suo ritmo guida le riunioni mistiche degli Yaresan, curdi iraniani seguaci di un culto che ha le sue radici nello Zoroastrismo. A questo contributo scritto da Siamak Guran, egli stesso Yaresan, si affianca quello altrettanto interessante sul sufismo e la trance ad opera di Guglielmo Zappatore. Se l’Albania cui ci introduce Donato Martucci e da cui si parte è quella delle comunità montanare basate su un codice d’onore maschile, l’India che fa da capolinea è quella delle danze rituali e dei culti al femminile presentati da Luisa Spagna.


 

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