Se mi ritrovo a pensare, anche solo per un attimo, a come stanno andando le cose, intendo per noi comunità civile, società , stato, nazione, mondo, mi vengono in mente i soliti luoghi comuni: le famiglie italiane non arrivano a fine mese se non indebitandosi, il precariato selvaggio, morti violente lungo le strade, il terrorismo internazionale, le armi di distruzione di massa, le istituzioni e la politica lontane dalla gente e dai loro bisogni, etc, etc. Ed è però arduo, riflettere anche solo superficialmente sulle questioni sopra menzionate, liquidandole come luoghi comuni, dal momento che basterebbe solo poco per non incominciare a valutare i diversi aspetti sotto la lente di discipline che superficiali non sono come la sociologia, l’antropologia, la filosofia, l’economia, l’etica. E se ancora cerco di distrarmi, perché esausto dal rumore assordante di ciò che è fuori di me, stanco dal dover assolvere all’imperativo categorico di popperiana memoria, che la vita è un risolvere problemi, cercando di scovare un buon libro istintivamente rivolgo la mia attenzione alla letteratura, alla poesia, con tanto di strizzatine d’occhio a Truman Capote (sia lode alla Minimum Fax che lo ha degnamente editato e fatto conoscere in chiave più massivamente pop!!!) a Don De Lillo, al grande Valerio Magrelli per la poesia. Ma in fondo rimango con un pugno di mosche in mano: il mio stomaco brontola ancora, quasi come se un prolungato digiuno avesse fiaccato anche l’appetito intellettuale. Indubbiamente da più parti si avverte l’esigenza di trovare un equilibrio rispetto al mare magnum di informazioni, distopie, aberrazioni, false ideologie, bugie, e inganni in cui siamo immersi sino al collo ( e penso che i più sappiano quale sostanza organica ricopre con la sua densità e olezzo le nostre membra!) . Un equilibrio che deve essere cercato in maniera logica, quindi per passaggi o meccanismi geometrici del pensiero, che ne recuperino perlomeno quella dimensione di esatto funzionamento. Riprendere dunque a pensare correttamente, a togliere di mezzo tutte quelle ombre nella nostra vita, che anche solo lontanamente puzzano di muffa e marciume. “Il matematico impertinente” di Piergiorgio Odifreddi, edito da Tea, rappresenta a mio avviso un ottimo libro grazie al quale finalmente chi lo legge può iniziare a fare delle meticolose “pulizie di fine stagione” nella sua testa. Chissà da quanto tempo la spazzatura non veniva svuotata! Il libro si suddivide in diverse sezioni che espongono il punto di vista dell’autore sulla storia, sulla politica, sulla religione, sulla logica, sulla letteratura, sulla matematica, e sulle scienze. Un punto di vista ricco di argomentazioni, portate avanti con grande rigore e un linguaggio altamente divulgativo tanto che perfino a me, che di formule, diagrammi, e numeri non ne capisco un accidenti, ho avvertito un senso di soddisfazione nel seguire passo dopo passo Odifreddi, mentre espone e spiega ai lettori, tra cui il sottoscritto, “L’equazione di Erwin Schrodingher (giugno 1926)” a pag.300 del suo lavoro.
E’scontato consigliare il libro di Odifreddi, il cui ultimo lavoro “Perché non possiamo essere cristiani” per i tipi di Longanesi, vende più di 100.00 copie in due mesi. La gente vuole saperne di più da un autore che sa amalgamare nei suoi scritti ironia, leggerezza, acume, implacabilità analitica anche su questioni delicatissime come la religione, le religioni, di come spesso nella storia la teologia (quella cristiana nello specifico) sia stata base e strumento di morte per la divulgazione scientifica e per il pensiero scientifico, come nel caso del processo a Galileo, o il barbecue in onore di Giordano Bruno, dove la carne in cottura era quella del filosofo, mentre il cardinale Bellarmino, comodamente in relax nei suoi appartamenti ecclesiali, si chiedeva se Gesù Cristo, in base alla fisica aristotelica, nella sua ascesa verso il cielo, dopo aver spirato sulla croce, avesse oltrepassato o meno il cielo delle stelle fisse. Andando nel dettaglio, il messaggio che Piergiorgio Odifreddi lancia attraverso la forza esplosiva della sua scrittura, si concretizza nell’esortare la gente a non essere passivo spettatore del mondo, solo incameratore acefalo di informazioni, ma attore coinvolto praticamente nel mettere in discussione tutto ciò che aveva dato per acquisito e scontato, e mettere le proprie sinapsi in moto sintonizzandole sulla frequenza della razionalità e della consapevolezza: “ (…) i mezzi buffoni hanno vita dura, perché la gente preferisce di gran lunga seguire quelli interi, in uniforme o in borghese” (pag.291). Il volume è strutturato in una serie di saggi monografici suddivisi per categorie, con un prisma talmente vasto da far capire esattamente quali sono le capacità analitiche, argomentative, e gli interessi di Piergiorgio Odifreddi: tanto da poter masticare e digerire le sue riflessioni sulla Bibbia e Gesù Cristo, su Noam Chomsky e Jhon Nash, sulla letteratura (il procedere matematico in Nabokov e Saramago), sulle scienze come il bellissimo paragrafo “Il genio buffone” dedicato al fisico eccentrico e geniale, Richard Feynman: “Il 28 gennaio 1986 la navetta spaziale Challenger esplose in diretta televisiva, e la NASA istituì una commissione d’inchiesta. Quattro mesi dopo un fisico, membro della commissione, mostrò in diretta televisiva le cause del disastro, immergendo semplicemente in un bicchiere d’acqua ghiacciata una delle guarnizioni di gomma della navetta, e mostrandone gli effetti: uno smacco per la NASA, che aveva cercato inutilmente di metterlo a tacere, ma un successo strepitoso per lui, che divenne noto al grande pubblico nel giro di dieci minuti. Quel fisico, che i colleghi conoscevano benissimo da più di quarant’anni, si chiamava Richard Feynman …” (pag. 288). Insomma un “discorso sul metodo” alternativo, brillante, nuovo, paradossale che mantiene viva l’attenzione del lettore e lo induce finalmente a indignarsi, per tutto ciò che non va, quasi come ad aver assunto lucidamente la consapevolezza di aver perso la capacità di riconoscere i problemi. In realtà l’unico grande problema rimane l’uomo nocivo per se stesso, pericoloso per la sua specie! Un memorandum utilissimo inoltre per mirare verso un altro obiettivo sensibile: la ricerca della verità, ad ogni costo seguendo quel senso di armonia e fluidità che solo un’euteoresi può dare: “ (…) verità e bellezza, lungi dall’essere contrapposte, sono in realtà complementari, e possono confluire mirabilmente: non soltanto in un senso superficiale, secondo cui la verità ha una sua bellezza e la bellezza una sua verità, ma nel senso profondo che a volte le verità più pure e astratte si rivelano dotate di una bellezza sensibile e concreta” (pag.219).Qualcuno una volta ha scritto di questo libro: “Un benefico massaggio per il cervello”. Come potergli dar torto…
E’scontato consigliare il libro di Odifreddi, il cui ultimo lavoro “Perché non possiamo essere cristiani” per i tipi di Longanesi, vende più di 100.00 copie in due mesi. La gente vuole saperne di più da un autore che sa amalgamare nei suoi scritti ironia, leggerezza, acume, implacabilità analitica anche su questioni delicatissime come la religione, le religioni, di come spesso nella storia la teologia (quella cristiana nello specifico) sia stata base e strumento di morte per la divulgazione scientifica e per il pensiero scientifico, come nel caso del processo a Galileo, o il barbecue in onore di Giordano Bruno, dove la carne in cottura era quella del filosofo, mentre il cardinale Bellarmino, comodamente in relax nei suoi appartamenti ecclesiali, si chiedeva se Gesù Cristo, in base alla fisica aristotelica, nella sua ascesa verso il cielo, dopo aver spirato sulla croce, avesse oltrepassato o meno il cielo delle stelle fisse. Andando nel dettaglio, il messaggio che Piergiorgio Odifreddi lancia attraverso la forza esplosiva della sua scrittura, si concretizza nell’esortare la gente a non essere passivo spettatore del mondo, solo incameratore acefalo di informazioni, ma attore coinvolto praticamente nel mettere in discussione tutto ciò che aveva dato per acquisito e scontato, e mettere le proprie sinapsi in moto sintonizzandole sulla frequenza della razionalità e della consapevolezza: “ (…) i mezzi buffoni hanno vita dura, perché la gente preferisce di gran lunga seguire quelli interi, in uniforme o in borghese” (pag.291). Il volume è strutturato in una serie di saggi monografici suddivisi per categorie, con un prisma talmente vasto da far capire esattamente quali sono le capacità analitiche, argomentative, e gli interessi di Piergiorgio Odifreddi: tanto da poter masticare e digerire le sue riflessioni sulla Bibbia e Gesù Cristo, su Noam Chomsky e Jhon Nash, sulla letteratura (il procedere matematico in Nabokov e Saramago), sulle scienze come il bellissimo paragrafo “Il genio buffone” dedicato al fisico eccentrico e geniale, Richard Feynman: “Il 28 gennaio 1986 la navetta spaziale Challenger esplose in diretta televisiva, e la NASA istituì una commissione d’inchiesta. Quattro mesi dopo un fisico, membro della commissione, mostrò in diretta televisiva le cause del disastro, immergendo semplicemente in un bicchiere d’acqua ghiacciata una delle guarnizioni di gomma della navetta, e mostrandone gli effetti: uno smacco per la NASA, che aveva cercato inutilmente di metterlo a tacere, ma un successo strepitoso per lui, che divenne noto al grande pubblico nel giro di dieci minuti. Quel fisico, che i colleghi conoscevano benissimo da più di quarant’anni, si chiamava Richard Feynman …” (pag. 288). Insomma un “discorso sul metodo” alternativo, brillante, nuovo, paradossale che mantiene viva l’attenzione del lettore e lo induce finalmente a indignarsi, per tutto ciò che non va, quasi come ad aver assunto lucidamente la consapevolezza di aver perso la capacità di riconoscere i problemi. In realtà l’unico grande problema rimane l’uomo nocivo per se stesso, pericoloso per la sua specie! Un memorandum utilissimo inoltre per mirare verso un altro obiettivo sensibile: la ricerca della verità, ad ogni costo seguendo quel senso di armonia e fluidità che solo un’euteoresi può dare: “ (…) verità e bellezza, lungi dall’essere contrapposte, sono in realtà complementari, e possono confluire mirabilmente: non soltanto in un senso superficiale, secondo cui la verità ha una sua bellezza e la bellezza una sua verità, ma nel senso profondo che a volte le verità più pure e astratte si rivelano dotate di una bellezza sensibile e concreta” (pag.219).Qualcuno una volta ha scritto di questo libro: “Un benefico massaggio per il cervello”. Come potergli dar torto…
da www.musicaos.it
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