C’è stato un tempo in cui a sinistra della sinistra, della sinistra, si discuteva se si era marxisti leninisti o marxisti-leninisti. Un trattino di differenza che smorzava o esaltava il senso di una appartenenza, di un’identità, nell’affollato parterre della contestazione dei caldi anni settanta.
Quel trattino via via s’è trasformato. Ne sono nate sigle, appartenenze, identità e, in esse, tante sfumature, modi e stili, in un metabolismo cannibalico incapace di corrispondere all’utopia dell’unità. Valore sperato ma mai veramente perseguito dalla sinistra.
Oggi siamo al governo con una compagine che sembra avere nostalgia di quel vuoto dibattito sul trattino, di quella astrazione che vestiva l’eskimo. Ogni tentativo di semplificazione sembra essere vano e tutti, proprio tutti, hanno voglia di esserci, di apparire, di frazionare e franare il sogno di un progetto chiaro, capace di corrispondere alle esigenze di un’Italia sempre più mortificata e piegata nella sua sostanza etica e culturale.
Toglierla a Berlusconi e al berlusconismo per ridarle senso, direzione e futuro, sembrava essere il punto di partenza di un profondo rinnovamento. Così non è stato. Prodi, ostaggio delle necessità e dei distinguo, ha partorito il mostro: un governo sovradimensionato esposto a quelli che via via sono diventati gli strali dell’ “antipolitica”.
Neanche il partito democratico è utile all’abbisogna, anzi!!! Al suo interno, a partita chiusa in vista del confronto per l’elezione del segretario e degli organi di direzione, mostra una mastodontica moltiplicazione di componenti e di candidati. Vecchio e nuovo frullato insieme, affidato alle macchine elettorali di gruppi e sottogruppi. Quello che più fa sorridere sono i distinguo. I “per” e i “con” moltiplicano le liste: innesti, partenogenesi, clonazioni. Tutto a freddo, al riparo dalle passioni che vogliono sostanza, inconti veri, abbracci, inni, pelle d’oca e condivisio
Agli occhi di chi sta a guardare appena fuori dalla soglia dei partiti tutto appare incomprensibile, inutile, vano, ininfluente. Un’astrazione che sembra svilire quella conquista democratica che sono state le primarie, usurate e sovraesposte in una funzione solo strumentale priva di sostanza e di desiderio politico.
Quello che l’invettiva dell’antipolitica smuove non è qualunquismo. E delusione! Frustrazione anche. Il profondo sconforto che ha colto tutti coloro che con entusiasmo avevano scelto il centro-sinistra con la speranza di vedere un’Italia diversa, altra, volta ad una nuova stagione.
Il paradosso è che dopo dieci anni di disastroso governo la destra appare essere salvifica. Ma di questo, nel Pd e nella sinistra, nessuno sembra preoccuparsi. Dopo il “trattino”, il dibattito speriamo si volga al “che fare”, ma temo che i tempi saranno lunghi. Nell’attesa del parto di ottobre a tutti consigliamo, a monito, la lettura del “Saggio sulla lucidità” di Josè Saramago, meglio attrezzarsi!
fonte iconografica da www.claudiocaprara.it
di Mauro Marino
You write very well.
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