La guerra in Vietnam è stato uno degli episodi più agghiaccianti della storia degli Stati Uniti d’America. Una guerra nella quale i francesi combattevano, sostenuti economicamente e logisticamente dagli U.S.A, per riportare sotto la loro sfera di influenza e controllo l’ex-colonia in Indocina. La conferenza di Ginevra del 1954 aveva diviso in tre grandi porzioni politico-territoriali: Laos, Cambogia e Vietnam. Inoltre aveva previsto delle elezioni democratiche per il 1956 al fine di poter unificare il Vietnam del Nord con capitale Hanoi sotto la guida di Ho Chi Minh di chiara tendenza filosovietica, e il Vietnam del Sud con capitale Saigon sotto la guida di Diem, di chiara ispirazione cattolica. Il coinvolgimento degli Stati Uniti, è stato graduale con l’impiego di forze militari a partire dal 1950, per poi diventare sempre più massiccio nel corso degli anni sessanta sotto la presidenza Eisenhower, Kennedy, Johnson, e Nixon. Gli U.S.A si erano assunti la responsabilità di portare sostegno ed aiuto ad un alleato, il Vietnam del Sud minacciato dal comunismo sovietico e filo-cinese di Ho Chi Min (Repubblica del Vietnam del Nord), per la difesa della democrazia, secondo poi un programma di azione politica negli affari internazionali, che l’America consoliderà e perfezionerà nel tempo (Afghanistan, Iraq, etc). Una guerra, o meglio un’aggressione illegale perché non vi era stata alcuna dichiarazione di guerra formalizzata, che ha segnato in maniera profonda l’America stessa portandola quasi al collasso economico, e soprattutto creando una pericolosa destabilizzazione sul piano internazionale. A parte tutti gli orrori che la guerra in Vietnam ha provocato (ad esempio in un libro del 1963 di Richard Tregaskis venivano riportate le interviste fatte ai piloti degli elicotteri impegnati in operazioni militari, i quali dichiaravano di divertirsi come pazzi a sparare sui civili in aree con una massiccia presenza di vietcong), l’attenzione di Noam Chomsky nel suo libro Alla Corte di Re Artù (Eleuthera), verte sull’analisi delle fonti sia istituzionali (Pentagon Papers) che dei media, nel periodo che va dall’assassinio di Kennedy sino ai nuovi incarichi del presidente Johnson. Entrando nello specifico, l’attenzione dell’esimio professore del M.I.T si concentra su questioni particolarmente scottanti come ad esempio la presunta decisione di Kennedy di cominciare un ritiro graduale delle truppe americane dal Vietnam. Una decisione assolutamente impopolare in quel periodo soprattutto nell’area dei “falchi”, tanto da far sorgere il dubbio, in numerosi ambienti dell’establishment americano, di una vicinanza del presidente al “demone” del socialismo. Soprattutto ad esempio alla luce di documenti come il NSAM 263 di Taylor e McNamara, dove si affermavano i seguenti punti operativi (pp.121 e 122): “ 1) Intensificazione delle attività militari in tutto il Paese in modo da portare a termine la campagna militare nelle aree settentrionali e centrali entro la fine del 1964 e in quelle meridionali entro la fine del 1965; 2) Addestramento dei vietnamiti a prendersi carico delle funzioni essenziali che vengono attualmente svolte dal personale militare americano,in modo che si renda possibile ritirare il grosso del personale americano entro tale scadenza; 3) In accordo con il secondo punto il Dipartimento della Difesa dovrà annunciare in un futuro molto prossimo i piani, attualmente in fase di preparazione, per un ritiro di 1000 addetti militari americani entro la fine del 1963. Questa misura dovrà essere spiegata,con toni cauti, come la mossa iniziale di un programma a lungo termine per sostituire il personale americano con vietnamiti addestrati, senza pregiudicare lo sforzo bellico”. Ad ogni modo dopo l’assassinio di Kennedy, la situazione in Vietnam continuò a precipitare anche sotto la presidenza Johnson, sino a quando la situazione, tra il1968 e il 1969 non rese indispensabile il ritiro immediato delle truppe americane. Chomsky analizza l’intera vicenda in maniera non solo lucida e puntuale dal punto di vista storico e politico, approfondisce la figura di Kennedy nella sua attività politica sino all’attentato a Dallas, ma anche con qualche riferimento alla mitologia cinematografica attorno al presidente, creata da Oliver Stone nel film JFK con Kevin Costner, frutto di uno studio accurato del regista sull’opera John Newman, il maggiore esperto sull’ “affaire” Vietnam.
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