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giovedì 19 luglio 2007

Le particelle elementari di Houellebecq


Michel Houellebecq, classe 1958, si rivela nel panorama della letteratura contemporanea internazionale, un personaggio di indubbio valore, degno della massima considerazione, in grado nella sua opera di rendere il Nulla che serpeggia nell’odierna società e ci divora, con uno stile inconfondibile, riuscendo ad illustrare un ampio spettro di individui sguazzanti nel cosmo del post-umano all’interno delle categorie più prossime al post-moderno, attraverso pagine provocanti, a volte demoralizzanti, mai banali. Si è fatto conoscere al grande pubblico, a partire dal 1991 con un suo scritto teorico, Rester vivant, poi nel 1998 con l’opera poetica La porsuite du bonheur. Il suo primo contributo apparso in Italia è la poesia La Fessura in Panta n.18, rivista curata da Elisabetta Sgarbi. Per i fan di Lovecraft, nel 2001 ha pubblicato H. P. Lovecraft. Contro il mondo, contro la vita. Leggendo Le particelle elementari, si viene toccati da oscure sensazioni che giungono dalle profondità dell’essenza umana, desiderose di prendersi, tangersi, sfiorarsi, lungo l’inferno del Tempo che le spazza. Umori grumosi, amorfi, tendenti gli uni verso gli altri, senza mai però trovare un punto di contatto neppure per un attimo. Quello di Houellebecq è un inconoscibile alfabeto che trapassa la sapienza della specie. L’autore in quest’opera pare oscillare tra l’utilizzo di sintassi vicine alla pura Visione e la Puntualità Ragionativa dove spunta inesorabilmente il particolare, la cosa di estrema concretezza, corporea, carnale, tanto da esibire in tutta la sua crudezza il mondo così com’è, perché Houllebecq vuole essere “osceno”, al punto da divertirsi con il suo lettore, rompendo gli argini del piccolo, del ristretto, del meschino. Ci troviamo dinanzi alla palpabile mortificazione, mai senza insania critica, della condizione culturale babelica che ci avvolge, in cui tutte le epoche della Storia possono situarsi nella discronia della Compresenza, dove ogni livello viene sollecitato dal Rumore, dalla Perturbazione all’unisono con tutti gli altri, dimostrando come sia difficile la produzione e la ricezione, senza le quali non è possibile alcuna semiosi, di un segnale. La sua scrittura si piazza dentro una situazione di tal sorta, con tutta la forza della disperazione e dello sgretolamento in atto, guardandosi dal tracciare qualsivoglia tipologia di linee di fuga. Il titolo dell’opera in questione fa riferimento ai costituenti più semplici della materia, quelli che secondo Michel Djerzinski, biologo molecolare vicino al Nobel, sarebbero i rivelatori della meccanica propria della vita. Michel ha quarant’anni, è figlio di una hippy che l’aveva abbandonato per fuggire in California, ed è uno scienziato del tipo ice man, refrattario a qualunque emozione. Il suo sogno è clonare gli esseri umani, al fine di assicurare loro un’esistenza di perfezione ed immortalità. Lascerà, ai posteri, la più grande scoperta scientifica di tutta la storia della Scienza: “ La pubblicazione nel giugno del 2009, in un supplemento della rivista Nature, sotto il titolo Prolegomeni alla replicazione perfetta di ottanta pagine che sintetizzavano gli ultimi lavori di Djerzinski, era destinata a provocare nella comunità scientifica un’istantanea e immane onda d’urto. Dovunque nel mondo decine di ricercatori in biologia molecolare si precipitarono a ritentare gli esperimenti proposti da Djerzinski, a verificarne il dettaglio dei calcoli. Nel giro di pochi mesi cominciarono ad affluire i primi risultati, che poi continuarono ad accumularsi settimana dopo settimana, tutti e ciascuno a conferma della validità delle ipotesi di partenza. Alla fine del 2009 non poteva più sussistere alcun dubbio: i risultati di Djerzinski erano validi, si potevano considerare scientificamente dimostrati. Le conseguenze pratiche, evidentemente, erano vertiginose: qualsiasi codice genetico, di qualsivoglia complessità, poteva essere riscritto sotto una forma standard, strutturalmente stabile, inaccessibile alle perturbazioni e alle mutazioni. Ogni cellula poteva dunque essere dotata di una capacità infinita di replicazioni successive. Ogni specie animale, per quanto evoluta fosse, poteva venir trasformata in una specie affine, riproducibile per clonazione, e immortale…”(pp. 307,308). L’intreccio porta i lettori nella Francia tra la fine degli anni ’60 e gli anni ’70, in una parabola temporale discendente che culminerà il suo viaggio alle soglie del Terzo Millennio: “Ovunque sulla superficie del pianeta l’umanità stanca, stremata, diffidente di sé e della propria storia, si apprestava bene o male a entrare in un nuovo millennio” (pag. 294) . Una Francia aperta alla libertà sessuale, al potere di una Sinistra forte e libertaria, una Francia dove agli inizi degli anni ’70 si prendeva coscienza dell’esistenza di una classe, quella dei servi (ed ecco poi spiegata la virata simil-rivoluzionaria a sinistra anche di parte della borghesia illuminata seppur centrorsa), a tutto un mondo neo-hippy le cui icone sono Francesco Di Meola e Aldous Huxley, guru psichedelici delle nuove frontiere New Age, i padri ispiratori dei più contemporanei Stuart Wilde e Lee Coit. Poi c’è Bruno Clèment, il fratellastro di Michel, insegnante di lettere, razzista, morbosamente attratto dal sesso, in tutta la sua intera rosa fenomenologica, dal pompino a ingoio, alle orge, al semplice autoerotismo. Sono fratelli, nulla in comune, se non l’essere creature destinate all’infelicità, simboli del fallimento culturale dell’Occidente. Le particelle elementari, apoteosi scritturale della nascita e mutazione di una Metafisica che travolge i sistemi economici, politici, infinitamente procedente eccetto che per una nuova mutazione metafisica, oltre ad un opera di pura fantasia, deve essere considerata un vero e proprio manuale di fisica antropo-biologica … quella rientrante nella Fisica della Dominazione. Un animale Alfa per sopravvivere, domina e annichilisce l’animale Beta che a sua volta deve dominare e annichilire l’animale Gamma, e così via sino alle forme più elementari di virus. E’ una legge dinanzi alla quale non si può scappare. In essa troviamo non solo De Sade in tutta la sua filosofia del diritto naturale, ferino e bestiale, il cui maggior esempio lo si può facilmente individuare nella celeberrima Filosofia nel boudoir, ma anche in Darwin e la sua selezione eugeneticamente naturale, in Comte e il suo Positivismo infallibile, e in tutto quell’universo che spazia dal Dogmatismo al Fanatismo. Già…perché anche il fanatismo nella scienza, nell’amore per il sapere può generare dei mostri, nel senso più letterale del termine, ovvero di creature straordinarie, inarrestabili dinanzi all’idea del progresso, più che mai decise nel progetto di dominazione globale. Fenomeni riscontrabili anche nella prassi politica internazionale, di qualsiasi paese si parli, al di là di plausibili ovvietà. Houllebecq non usa mezzi termini, sapendo che solo la verità è scandalosa, e che senza di essa non c’è nulla che valga. Ma a quale costo e soprattutto fin dove può ci si può spingere… In fondo comunque lo sappiamo con certezza dove ci stiamo dirigendo, noi che su uno sfondo completamente nero, senza il benché minimo appiglio e senza vedere il fondo, giochiamo a fare i funamboli intellettuali, noi cresciuti a Vic 20, Commodore 64, Sega Mega Drive, Playstation, televisione e ipermarket, che abbiamo studiato Foscolo, D’Annunzio e Pasolini, e poi divorato per i fatti nostri, Colombati, Wu Ming, Lagioia, Mozzi, Evangelisti, noi esperimenti del liberissimo mercato. Ovvio che Houllebecq, doveva instillare nel libro sentimenti dominanti come vergogna, inadeguatezza, il maledetto vuoto, anche se si rischia di scivolare in una specie di autocompatimento narcisista. L’unica ricetta che l’autore pare darci ha quasi il sapore degli I-Ching. Aspetta sulle rive del fiume il cadavere del tuo nemico, poi in silenzio continua ad attendere finchè non diverrai anche tu cadavere!


Michel Houellebecq, Le particelle elementari, Bompiani, pp.324

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